venerdì 6 giugno 2014

The Voice of Italy ha il velo da suora

Mi sono appassionata facilmente a "The Voice", un po' perché i piacciono i talent musicali e un po' perché questa cosa di cercare una voce, più che una faccia, un personaggio, un modo di cantare, mi convinceva. L'idea dei giudici che si girano solo se le loro orecchie li convincono, è quantomeno originale, e porta forse ad una selezione più autentica, perché che lo sappiamo oppure no, i nostri pregiudizi ci influenzano tanto.

Non ho visto in diretta la selezione (meglio, la blind) di suor Cristina, me la sono rivista su YouTube il giorno dopo.




I giudici si sono girati sicuramente per l'effetto sul pubblico che hanno visto da quella postazione. Ma una volta che si sono girati, lei ha continuato a cantare con la stessa energia di prima. Comprendo la commozione di J-ax perché anche io non ne sono stata esente, pur rivedendolo solo sul pc, l'energia che riusciva a dare suor Cristina era incredibile.
La voce limpidissima, non ha sbagliato una nota e anzi, perfino Alicia Keys in un secondo momento le ha fatto i complimenti! E a fare il tifo per lei delle consorelle non giovanissime, ma pronte a scatenarsi per la giovane Cristina.
Nelle puntate successive veniva la tentazione di pensare che il suo rimanere nel programma fosse legato all'abito, e al clamore che aveva suscitato non solo in Italia. ma ad ogni esibizione i dubbi venivano spazzati via. Suor Cristina rimaneva nel programma perché cantava bene.
Una parola va detta anche sul programma in generale. Non si è ecceduto nello strumentalizzare il suo essere suora, J-ax per primo l'ha difesa più volte, facendo notare le sue qualità di cantante. I giudici tra loro sono sempre stati correttissimi, mai una parola cattiva, mai frecciatine, se non ironiche. Scherzi e risate sono stati abbondanti, ma mai una caduta di stile da parte di nessuno di loro. Non hanno infierito neanche sui ragazzi che ogni mercoledì avevano a disposizione 90 secondi per dimostrare il loro valore. Imprecisioni, note fuori posto e ed errori ce ne sono stati nel programma, ma i giudici facevano notare altro. E hanno sottolineato come la tensione dei ragazzi fosse palpabile, proprio perchè sapevano che in pochi minuti si decideva del loro futuro.

Un programma dai toni pacati, in una TV che invece trova sempre il modo per essere volgare. Un programma dove davvero la musica è stata protagonista, con ospiti e concorrenti, e con i giudici stessi, che hanno più volte dimostrato di sapere di cosa parlavano, con duetti ed esibizioni.
Nelle scelte dei giudici, di settimana in settimana, iniziava a pesare il giudizio del pubblico. Ma questo voleva il programma, che ci fosse anche una giuria "popolare" che dettava parte delle regole.

Alcuni cantanti hanno abbandonato troppo presto il programma, una fra tutti: Daria Biancardi:
la voce di Aretha se una faccia bianca e delle unghie lunghissime.


Crudeltà del pubblico che le ha preferito Giacomo Voli, e di Pelù che li ha assecondati. Fosse arrivata lei in finale con suor Cristina, ne avremmo viste delle belle.

Durante la finale anche Giorgia Pino se n'è andata troppo presto dalla competizione, cosa che non ha lascito indifferenete la sua coach Noemi.



Una voce davvero particolare. Una ragazzina con un graffio blues. Speriamo di risentirla presto.

La finale ha portato avanti Cristina con un numero di voti sufficiente da subito a battere i suoi avversari, eppure le sue esibizioni sono state incredibili.
Ammetto di essere di parte perchè sono stata fan di J-ax già in adolescenza, ma la performance di ieri sera in duetto mi ha fatto tornare subito ai miei 16 anni.



C'è chi ora parla di come farà fruttare il premio suor Cristina, e del fatto che non sia giusto che abbia vinto lei.
ma in un programma dove si parla e riparla di Voce, io credo che questa giovane ragazza siciliana abbia meritato la sua vittoria. Da subito ieri ha fatto vedere che sa cantare, lo sa fare in inglese, facendo capire quello che dice, lo sa fare in italiano, è pulita, precisa, intonata sempre. Il pubblico ha premiato forse la sua semplicità, e la sua coerenza con quello che mostrava (mai fatto la pubblicità ai gioielli o alle caramelle che sponsorizzavano il programma).
Non credo che abbia rubato il contratto discografico a nessuno, nella prima edizione di X-factor vinsero gli Aram Quartet, praticamente sconosciuti adesso, se non fosse per la vittoria di uno di loro a Sanremo Giovani l'anno scorso (se non sbaglio). Nella stessa annata c'era anche Giusy Ferreri, che non vinse ma che abbiamo sentito in radio olto più a lungo, e che ha pubblicato più incisioni dei 4 vincitori.
Il mercato seguirà le sue regole a prescindere dall'infatuazione del pubblico per questa giovane suora. Ora le polemiche però sono davvero inutili, perchè tutto si è fatto in questo programma, tranne sfruttare brutalemnte l'immagine di una religiosa a discapito di tutto il resto.

Teniamoci la musica, le nuove voci che sono emerse, e speriamo di riuscire a sentire finalmente qualcosa di nuovo e qualitativamente buono in questa Italia che ancora canta.

giovedì 29 maggio 2014

Ora di chiusura!

"Ora di chiusura.... Ora di chiusura..."
Chi ha visto "Pomi d'ottone e manici di scopa" capirà. Così se ne andava scampanellando l'addetto alla chiusura del famoso mercato di Londra. Urlando a tutti che era ora di far su la propria bancarella e andarsene.
E stamattina come un campanello è risuonato anche nlla mia testa che è ora di chiudere.
Non questo blog (se qualcuno si fosse per caso allarmato), ma il primissimo, quello aperto durante il corso universitario, quando per la prima volta mi affacciavo alla blogosfera. Un blog in inglese che ho provato a tenere aperto alla fine del corso d'inglese, cercando argomenti di cui scrivere. Ho provato anche a fare delle simil-lezioni di italiano, ma non mi sono appassionata e tantomeno lo hanno fatto i lettori...
Ho provato anche a fare la promozione del negozio online che ho aperto ben dopo il blog, ma anche quello non ha portato risultati...

Non lo apro da tempo, ed è giusto chiuderlo. E' una cosa strana, la maggior parte degli utenti non chiude i blog, li lascia lì. Lascia che la rete li trascini con sè che qualcuno ci capiti per sbaglio e si accorga che l'ultimo aggiornamento risale a... troppo tempo fa. In fondo non costa nulla lasciarlo lì. Non è un rifiuto abbandonato non biodegradabile, non è qualcosa su cui si possa inciampare o che possa dar fastidio o disturbo. Quindi perchè cancellarlo?
Già, me lo sono chiesta pure io. E ho fatto di peggio. Sono andata a rileggere le pagine scritte in momenti diversi per ripercorrere i passi fatti, i momenti vissuti. E la mano arranca su quelle pagine su cui ho investito un po' di tempo e un po' di fatica (non troppa, intendiamoci). Ed è affiorato un sentimento simile alla nostalgia.
Eppure bisogna staccarsi. Bisogna tracciare una linea, forse anche per ripartire.
Due giorni di vita ancora, e poi cliccherò su Elimina.
Linea tracciata.
Punto.
Ora di Chiusura!

venerdì 11 aprile 2014

How to: #4 chiedere informazioni

Foto da Pinterest

Lo facciamo tutti, italiani e stranieri, quando abbiamo bisogno di un'informazione e dobbiamo avvicinarci al bancone per chiederla, ci prepariamo il discorso in testa. E' normale, vogliamo essere chiari, arrivare dritti al nocciolo, farci capire, e ottenere velocemente quello di cui abbiamo bisogno.
Il problema è che la persona (più o meno) preposta per darci quell'informazione, non ha seguito il lungo ragionamento che si è svolto tra noi e il nostro cervello, e per tanto non dobbiamo attaccare il discorso come se fosse l'arringa conclusiva della difesa di Jack Lo Squartatore.

"Quindi, adesso dov'è che lo fanno quel concerto?"
Quale? Adesso, lo usi come punteggiatura, o intendi che ci dev'essere un concerto adesso? e soprattutto...
Perchè lo vieni a chiedere in Biblioteca?!

Poche semplici regole che ci aiuteranno a ottenere l'informazione più corretta nel tempo più rapido possibile:

1. Stai chiedendo questa cosa ad un persona, non ad una macchina, quindi comportati come ci si comporta con una persona: saluta, rivolgiti a lei/lei in maniera garbata.
2. Se la sopracitata persona sta parlando con un altro utente, o al telefono, aspetta prima di iniziare a parlare, perchè avrà pure due orecchie, ma non funzionano in maniera indipendente una dall'altra!
3. Bisogna avere un'idea di massima di quello che si vuole sapere, non possiamo sempre pretendere che dall'altra parte ci siano dei tuttologhi. Se vogliamo informazioni su un concerto, dovremmo sapere chi e cosa suonano, o almeno chi lo organizza, per dare modo a chi ascolta di capire e poter selezionare tra le varie cose che potrebbe avere a disposizione. Sono quindi da evitare formule del tipo "Questo mese... ma forse è il prossimo... ci dovrebbe essere un concerto... o forse una conferenza... di un professore, che parla, e non so dove!"
5. Non bisogna offendersi se la persona non ha l'informazione che abbiamo chiesto: non lo sta facendo per farci un dispetto, probabilmente stiamo chiedendo nel posto sbagliato, oppure banalmente e umanamente non lo sa.

venerdì 4 aprile 2014

A primavera


La Primavera è imprevedibile come una donna. Un giorno prima il sole, il giorno dopo piove
La Primavera è veloce, lo si vede nella natura. Il giorno prima gemma, il giorno dopo foglia.

Aggiungo da poco alle mie attività anche il giardinaggio, ma in piccolo, neanche nel giardino, nel terrazzo di casa mia... Piantare un seme, vedere crescere una pianta, sono cose che ci insegnano una pazienza che non abbiamo più, e ce la insegnano proprio perchè non c'è assolutamente nulla che possiamo fare. Non c'è niente che possiamo fare per accelerare questo processo, possiamo solo arrenderci all'attesa e alla speranza.
E' il caso di dirlo: se son rose, fioriranno

martedì 25 marzo 2014

Lezioni di letteratura: tempus fugit #1

C'è qualcosa di insito nell'animo umano e che spinge ad una dimensione più grande di sè. C'è un richiamo inesorabile che ci vuole portare verso l'infinito. Non per impeto di superbia, a voler sorpassare il tempo e lo spazio, ma quasi come escamotage alla consapevolezza di essere invece esseri perfettamente finiti. Non so se sia possibile definirla quindi umiltà in un qualche modo, perchè comunque con quest'idea di inifnito non possiamo non misurarci.

"...Time doth transfix the flourish set on youth
And delves the parallels in beauty's brow,
Feeds on the rarities of nature's truth,
And nothing stands but for his scythe to mow:
And yet to times in hope my verse shall stand,
Praising thy worth, despite his cruel hand."

[...] Il Tempo trafigge il fiorire della giovinezza / e scava solchi sulla fronte della bellezza/ nutrito dalle rarità della natura / e nulla può impedire alla sua falce il movimento / Eppure la mia poesia potrà impedirlo/ lodando il tuo valore, nonostante la sua crudele mano. 

Non c'è umiltà in Shakespeare e nella sua consapevolezza che "...nothing stands (...) my verse shall stand (...)". L'inesorabilità del tempo è un dato di fatto e lo scorrere del tempo è un fatto. Non ci si pone il dubbio che qualcosa possa davvero arrestare questa corsa ma si sottolinea come solo la poesia può resistere all'inarrestabile falce del tempo. 

Il dato del tempo che scorre e che finisce per tutti, è qualcosa che ritroviamo ovunque. Diverso invece è l'atteggiamento nei confronti di questa verità. Andrew Marvell sembra prendere il tutto molto più alla leggera, quando invita la sua amata ritrosa a non abusare del poco tempo a loro disposizione, e di concedersi di gustare i piaceri che possono, qui e ora. Perchè l'eternità non è una dimensione umana.
 "Had we but world enough, and time
This coyness mistress were no crime. [...]"

Se avessimo tempo e spazio a sufficenza / la vostra ritrosia, signora,  non sarebbe un delitto.

Marvell si rivela subito come infinitamente più "godereccio" del suo predecessore. Il tempo non gli basta, vuole anche lo spazio a sua disposizione per esprimere in pieno tutta la sua devozione alla donna amata, o almeno questo è quello che le dice per convincerla. In una frase in cui anche la grammatica partecipa al sentimento, esprime tutta l'ipoteticità di questa condizione "avessimo.... / sarebbe...". Ma così non è. E non è l'infinito che invoca Marvell, ma un semplice "abbastanza". Non c'è abastanza mondo e tempo per potersi perdere in vaghi corteggiamenti. La frase ipotetica e il suo continuo ci fan pure capire che se ci fosse, saprebbe bene come impiegarlo.

"But at my back I always hear
Time's winged chariot hurring near; [...]"

Ma alle mie spalle sento sempre /l'avvicinarsi precipitoso del carro alato del tempo;
 
Quel "but" dissipa ogni dubbio. Il tempo non è fermo immobile a guardarci ed aspettarci. Ma corre, si affretta ed è alato, se qualcuno ha ancora dubbi sulla sua velocità. Quindi è ora che dobbiamo vivere, è ora che dobbiamo inseguire le nostre passioni.

"[...] Now therefore, while the youthful hue
sits on thy skin like morning dew,
[...] Now let us sport us while we may[...]

Ora quindi, mentre la giovinezza colora /la tua pelle come rugiada del mattino/ ora divertiamoci finchè possiamo
 
Ora, ora, ora, ripete il poeta come un mantra. L'unica cosa su cui possiamo avere un controllo è il nostro presente e l'uso che ne facciamo. L'invito a godersi le gioie della giovinezza si conclude quasi sornione con gli ultimi due versi:

"[...]Thus, though we cannot make our sun 
Stand still, yet we will make him run."

Così, dal momento che non possiamo fermare /il nostro sole, allora lo faremo correre.

In fondo noi non siamo Giosuè e non possiamo fermare il sole, ma possiamo fare andare il tempo più veloce proprio godendoci ciò che ci è stato dato.
Marvell è decisamente più concreto di Shakespeare, non punta all'eternità, non chiede di forzare la sua finitezza di essere umano, ma vuole godersela fino in fondo, a questo punta. Al diem, all'oggi, rimanendo in questo ancorato alla sua finitezza, ma non per questo mortificato.

Bibl.:
W. Shakespeare, Sonnet 60
A. Marvell, To His Coy Mistress
Le traduzioni dei testi sono funzionali alla comprensione, e sono opera mia, pertanto vi chiedo di non servirvene senza informarmi.

sabato 22 marzo 2014

da uno a due


L'aria si riempie di novità che non son dovute alla primavera.


 Gli occhi si riempiono di sorrisi che non sempre hanno un preciso motivo.

 
Gli equilibri mutano e si evolvono, ma non per questo diventano più semplici.


La mente si riempie di parole che la carta non sa contenere.


 Gli occhi cercano sempre qualcosa che si trova vicino e contemporaneamente in profondità.


giovedì 20 marzo 2014

In silenzio

E' successo di nuovo, e quest'anno sembra accadere troppo spesso. E' morta un'altra persona cara, e anche questa volta non riesco a partecipare ai funerali. Non riesco a dargli un saluto che meriterebbe. Sono tutt'altro che una fan dei funerali, quelli della famiglia se posso li scanso, anche con scuse banali. Mio padre all'ultimo (di una zia che non credo di aver mai davvero conosciuto) mi ha detto "prima o poi ce ne sarà uno che non riuscirai ad evitare!"

La persona che è morta ha affrontato una lunga malattia polmonare e quindi da molto non lo vedevo, chiedevo informazioni sul suo stato di salute, ma arrivavano dalla famiglia poche e sporadiche informazioni.

G. era un uomo di una cultura davvero ampia, studioso, di quelli che non solo hanno fatto le scuole alte, ma che nella vita approfondiscono, ricercano. Me lo ricordo da bimba, per il suo modo di scherzare, sempre, anche nelle occasioni che sembravano più serie. I suoi modi poco convenzionali gli avevano procurato purtroppo una buona dose di pettegolezzi da paesino alle spalle. Sembrava che la cosa non lo toccasse molto. Forse però non era così. Critico, ma non per questo non disposto a darti il suo appoggio.
Amavo sentirlo parlare, sapeva guidare la mente su ragionamenti anche molto complessi con un passo accessibile. Riusciva ad aprire canali incredibili davanti ai nostri occhi. Contemporaneamente, e questo è sbalorditivo, riusciva ad avere la semplicità e la capacità di parlare ai bambini, con le sue barzellette e le sue sciocchezze dette sempre con la faccia seria.
Certe sue frasi, certe cose che ci ha detto, quando ero bambina, ancora le ricordo. Una volta parlando dei ragazzini che si innamorano disse: "Non credete a chi scrive "Ti amo" a caratteri cubitali sui muri, non credete a chi ve lo urla nella folla, per la strada. Credeteci invece se ve lo sussurrano all'orecchio, se ve lo dicono con timidezza e un po' di imbarazzo. Perché l'amore è un sentimento delicato, che va protetto e accompagnato. Non si può urlare. Non si può scrivere sui muri."
E allora sia, non piangerò il mio dolore davanti a tutti, sussurrerò un saluto da lontano, farò scendere una lacrima in silenzio ricordando tutte le parole che sono rimaste nel mio cuore.

lunedì 17 marzo 2014

opinioni

"E' un problema di competenze!". E io ho pensato: esatto!
Ecco cosa mi si scatena dentro quando vedo la pubblicità di "Quinta Colonna", o quando le mie orecchie captano un commento di troppo da Bar Sport nel luogo in cui lavoro.
Abbiamo accesso a tutte le informazioni, e pertanto ci sentiamo immancabilmente tuttologi. Siamo in grado di dare opinioni sui problemi più comuni e sulle cose più complesse.
Per cominciare, siamo tutti dottori! Conosciamo i rimedi a "quasi" ogni male, e dei dottori, non sappiamo che farcene. Poi, siamo tutti politologi, alcuni anche ferrati in ambito economico. Sappiamo cosa andrebbe tagliato, cosa ridotto, cosa aumentato, a chi e perché. Certo, siamo anche tutti abilissimi sportivi, siamo dei commissari tecnici durante i mondiali di calcio, ed esperti sciatori durante le olimpiadi invernali, noi siamo in grando davvero di dire chi andava messo in campo, e in quale momento della partita. Siamo anche (serve dirlo?) arbitri infallibili, che vedono anche oltre la moviola. Sappiamo valutare se il prezzo di un prodotto è giusto o meno, basandoci semplicemente sul nostro istinto, e per cosa vale o non vale la pena pagare. Siamo critici cinematografici infallibili, se un film non ci piace, l'oscar non lo meritava, e basta. Siamo critici letterari, e sta a noi decidere se Dante era un genio o un morto di fame, e lo stesso vale per qualsiasi altro essere umano che prenda in mano una penna. Siamo più esperti di architetti geometri ingegneri e muratori, noi sì che sappiamo come si tira su un muro, figurarsi un ponte.

Allora è facile capire che se siamo competenti su tutto, non ci serva nessun esperto, non ci occorra nessuna persona che abbia una specifica competenza.

Uno dei primi insegnamenti di letteratura che ricevetti all'Università è più o meno riassumibile così: "non mi interessa la vostra opinione sui romanzi che leggeremo, la vostra opinione non conta perché non è per voi che questi autori scrivono e non siete voi che potete dire se è bello o brutto."

Da qualche settimana dò ripetizioni di letteratura inglese ad un ragazzino e dopo ogni analisi del testo gli ricordo che quando fa un affermazione la deve motivare. Non può semplicemente dire "la figura della donna è descritta in modo negativo", mi deve spiegare su cosa si basa per fare una tale affermazione. Quando fa qualsiasi altra affermazione la deve spiegare, su base scientifica possibilmente (fatti).

Perché in quanto esseri umani nulla ci vieta di avere un'opinione, ma in quanto esseri umani siamo dotati di un cervello, che va inserito prima di esprimere quell'opinione a voce alta.

mercoledì 19 febbraio 2014

Saving Mr. Banks

Saving Mr. Banks non è un film per bambini. E' un film che potete andare a vedere con i bambini, ma non è un film pensato per i bambini.

Nel film si racconta la storia di una donna, della donna che ha scritto Mary Poppins. Si racconta di come è nato il film e della difficile collaborazione tra lei e Walt Disney (non l'impero, l'uomo). Ma si racconta qualcosa di più.

Si parla dei bambini e dei genitori, di come questi genitori siano umani, e di come questi bambini non possano far altro che amare i loro genitori, anche quando sono in difficoltà, anche quando commettono degli errori, anche quando non sanno come andare avanti. I bambini continuano ad amarli. Anche quando li deludono. Li amano, e in fondo li capiscono più di quanto ci si possa aspettare da un bambino.

Non si scende ad un facile buonismo, non si giustifica tutto, nel film. Non ci si risparmia la sofferenza che esiste nella vita delle persone. Però ci si concede il perdono, quello sì.

Il tutto è condito anche da molte battute divertenti, sui tic di questa sig.ra Travers che non vuole scendere a compromessi sulle scelte della sceneggiatura, e su Walt che vuole aggiungere un'aurea zuccherosa quasi ovunque.
Vengono rievocati i momenti che hanno visto la nascita delle memorabili scene di un film che è stato sicuramente un capolavoro del cinema per bambini. E rinasce sicuramente la voglia di rivederlo e farlo vedere ai bambini, perchè possano salire sulla giostra a cavalli desiderando che quei cavalli si stacchino e inizino a correre per le verdi colline inglesi, e si ricordino che i loro sogni sono la cosa più importante che hanno.

Ma oltre alla genesi di un film, si parla del rapporto che ognuno di noi ha con il proprio passato e come alle volte non ci perdoniamo, e non ci lasciamo riscrivere la nostra storia.

Ovviamente questo non sarebbe possibile senza la meravigliosa Emma Thompson e il bravissimo Tom Hanks
Una menzionela merita anche il meraviglioso personaggio dell'autista. Ralph accompagna la sig.ra Travers in maniera sempre gentile, nonostante il modo in cui viene trattato.

Un film da vedere perchè ognuno di noi ha qualche conto da sistemare con la propria infanzia, e per poter leggere con occhi diversi la storia di Mary Poppins.

martedì 21 gennaio 2014

Arrivederci

Ve lo ricordate il suono della voce di Claudio Abbado? Neanche io.
Mi viene anche il dubbio che avesse una voce. Una voce diversa dalla musica che suonava, una voce diversa, da quella musica a cui era così legato da diventare tutt'uno.
Mi fa piacere leggere così tanti articoli su quest'uomo così piccolo e così grande, mi dà speranza, la speranza che se riesci a fare qualcosa che davvero ha valore, il mondo se ne accorgerà prima o poi.

"Piccolo, fragile, delicato. Appena salito sul podio, al primo movimento della bacchetta nell’aria accadeva il miracolo: tutto diventava immenso, incorruttibile, immortale”

Se come me avete avuto la fortuna di vederlo dirigere dal vivo, queste parole di Benigni, hanno un senso. Quella sera sul palco vidi un direttore d'orchestra diverso da tutti, un uomo che accennava appena dei gesti, eppure aveva sulla punta della bacchetta un'intera orchestra. Saliva sul palco come si entra in ufficio la mattina, con la semplicità di chi deve svolgere un lavoro, ma con in più il sorriso sulle labbra. Il saluto sempre prima agli orchestrali, e poi al pubblico.





Il maestro Abbado. Non resisto a questo sentimento di tristezza nel pensare alla sua morte, non perchè fossi una fan o avessi visto tutti i suoi concerti, ma per la consapevolezza che abbiamo perso qualcosa. Le persone come il maestro Abbado non si fanno molto notare in vita, ma nel momento in cui ci lasciano, si matura la consapevolezza che portavano sulle spalle un peso grandissimo, che ora ci dobbiamo dividere noi, e il mondo improvvisamente diventa meno leggero.
Confesso che mi scende una lacrima sincera al pensiero della sua morte, di quelle che cadono inavvertitamente, senza scomporre il volto, di quelle che lasciano il sorriso. Credo si chiami commozione.
Arrivederci Maestro.
Grazie

venerdì 10 gennaio 2014

Elogio del passato remoto

Il passato remoto è il tempo della memoria. E' il tempo delle cose che furono, e che vanno rievocate con il faticoso esercizio della mente e del cuore. Non vi si accede facilmente, il più delle volte bisogna sedersi per raccontare ciò che accadde.

Il passato remoto è il tempo della narrazione. Sì, "c'era una volta", ma "ci fu un tempo in cui...", e "venne poi un altro e disse...". le storie si raccontano sempre al passato remoto, perchè sono la memoria per eccellenza, quella che per non essere dimenticata, è stata scritta.

Il passato remoto è il tempo della parola scritta. La parola messa su carta è elegante, pensata e corretta, riveduta nel suo insieme per non essere banale e neanche di difficile comprensione. La parola scritta è fatta per rimanere, e per essere tramandata. la maggior parte delle volte vuole essere letta ad alta voce, per acquistare autorevolezza o anche solo per risuonare meglio.

Il passato remoto contrappone sempre ad un "qui e ora" un "là e altrove", ma a differenza di altri passati non si può usare in maniera generica, gli si deve il rispetto di una scelta.

"Lassú la montagna è silenziosa e deserta. Lungo la mu­lattiera che gli austriaci costruirono per giungere nei pres­si dell'Ortigara, dove un giorno raccolsi la punta ferrata del Bergstock che è qui sulla libreria, ora non passa piú nessuno. La neve che in questi giorni è caduta abbondan­te ha cancellato i sentieri dei pastori, le aie dei carbonai, le trincee della Grande guerra, le avventure dei cacciato­ri. E sotto quella neve vivono i miei ricordi."
Mario Rigoni Stern, Sentieri sotto la neve