giovedì 31 dicembre 2009

Anche questo anno...


... è finito!
Con tutte le risate, le lacrime, le speranze attese e disattese, il bello e il brutto che ci può essere stato, ma comunque ormai è passato.
Prepariamo i buoni propositi, i ricordi (belli e brutti, che certe cose non ci piacciono, ma aiutano a crescere!), e incamminiamoci verso un nuovo anno!





BUON 2010!

lunedì 21 dicembre 2009

Christmas time

foto from Flickr
Devo risolvere il problema dell'immagine del mio blog che è sparita, chi ha disegnato il template non mi sta aiutando e vorrei risolvere il tutto senza dover cambiare template, perchè ormai ho troppi widget (quei cosini sul lato) che rischierebbero di sparire "tutt'd'untratto".(salvarli è un traffico....)

Devo ancora comprare un sacco di regali, e alcuni a dirla tutta devo proprio ancora farmeli venire in mente... alcuni li confezionerò personalmente, perchè il prossimo stipendio lo vedo a marzo...


Devo ancora comprare tutti i libri che mi servono per studiare durante le vacanza di Natale, e sarebbe il caso darmi una mossa se voglio che la sessione sia produttiva!!

Ma Natale è Natale, e anche con il blog in queste condizioni Babbo natale che scorrazza con tanto di renne ve lo beccate!
Perchè Natale è Natale, e bisogna anche prendersi del tempo per fermarsi, tirare un bel respiro e ricordarsi cosa è importante.
Natale è Natale, e le canzoni che cantiamo in questo periodo ci farebbero schifo in qualsiasi altro periodo, ma adesso le cantiamo volentieri (anche quando il chitarrista del coro all'ultimo secondo ti dice: "Ho avuto un'idea, White Christmas la fai tu da sola in inglese, poi segue tutto il coro sulla strofa in italiano!").
Natale è Natale, e i regali non si fanno perchè bisogna, ma perchè devi ricordare a chi vuoi bene che pensi a loro, e gli vuoi bene perchè riempiono la tua vita anche quando non te lo meriti, anche quando non sai bene dove stia andando, la tua vita.
Natale è Natale, e un po' di neve non può mancare, anche se poi qualcuno dei tuoi amici dice una cosa tipo "capisci di non essere più bambino quando la neve in pianura invece di renderti felice ti rende nervoso!", e tu pensi che allora sei ancora un po' bambina, perchè la prima reazione è stata la bocca aperta per lo stupore, e un sorriso di gioia quando venerdì sera ti sei resda conto che stava nevicando tantissimo. E questo aiuterà a passare le feste.

Natale è Natale, e non importa quante luci ci siano per strada e quanta confusione dentro e fuori dai negozi, l'importante è riuscire a stare in mezzo a tutto ciò e riuscire a vedere dove sei.

Natale è Natale, e mi aspettano cene, abbracci, regali da consegnare e da scartare, risate, baci, piccoli cugini urlanti da viziare, momenti di silenzio e di preghiera, abbuffate senza ritegno, occhi in cui guardare, chiaccherate davanti ad una cioccolata, notti velocissime, e risvegli con il pensiero del dopo le feste, zie da consolare, da chiamare e a cui fare gli auguri. E il pacchetto si può prendere solo intero. E mi va bene così.

sabato 5 dicembre 2009

La spesa

Va detto che io con la spesa ho un rapporto al limite del patologico. Ho acquisito questa consapevolezza parlando con una mia amica, all'epoca studentessa di psicologia. Un giorno nel mentre dei suoi studi mi raccontava del morbo di Alzheimer: "Pensa che brutto dev'essere il momento in cui ti rendi conto della malattia!", io annuisco comprensiva, "tipo, questi signori anziani che vanno al supermercato e una volta in mezzo ai corridoi non si ricordano più cosa sono andati a comprare!". A quel punto con sguardo spaventato io: "Anna, ho l' Alzheimer!"


Foto da Flickr

Sì, perchè questo è il minimo che mi possa capitare al supermercato, non si contano ormai più le volte che sono entrata per comprare una cosa e sono uscita con una sporta piena di tutto tranne quell'unica cosa. Ma la patologia non si ferma qui. Un'altra delle mie disfunzioni riguarda il peso e le misure... e qui si rende necessario spiegare che spesso per comprare poche cose io vado al supermercato a piedi o in bici, non in macchina. Questo comporterebbe lo sforzo di limitare i miei acquisti a ciò che è umanamente trasportabile, ma ovviamente essendoci una patologia, questo non accade.
Il numero migliore l'ho fatto al LIDL, dove si può prendere solo il carrello grande, e non anche il comodo cestino che ti dà l'idea di quanto supermercato ti stai portando a casa. Giravo tra gli scaffali con lo scopo di raccattare l'utile per un pranzo tipo pic-nic tra amici (6, va specificato, non 600) e man mano che avanzavo mi rendevo conto che mi servivano (al limite dell'indispensabile eh!) un sacco di cose, talmente tanto che ad un certo punto in un momento di lucidità ho provato a fare due conti sull'ingombro, ma ho pensato (eh, sì, la patologia è subdola...) "attacco le sporte alla bici, cosa vuoi che sia!" Ma al momento di mettere in atto questa operazione mi sono resa conto che era impossibile ed è seguita questa telefonata di soccorso:
IO: "Ciao ale, come va?!"
A.:"Ciao Clode, bene!"
IO: "senti, ho fatto un po' di spesa per domani!"
A.: "Ah, perfetto, abbiamo tutto?"
IO: "Sì, preparo un po' di cose a casa e il resto mettiamo su là!"
A.:"Bene!"
IO:"Già, solo che... sai, ho preso anche la roba da bere eh..."
A.:"sì?..."
IO: "Senti, sei a casa?"
A.:"Sì, perchè?"
IO:" no, niente, e per caso hai la macchina, non è che ci è uscita tua mamma?!"
A.:"no, perchè?"
IO:" senti, non è che mi verresti a prendere, sono in bici, ho preso troppa roba e non idea di come fare a portarla a casa!!"
A.: (seguopno grasse risate dall'altra parte del telefono) "Dammi qualche minuto e sono lì!" (continuano le grasse risate)

Lasciamo perdere io che sto lì ferma al parcheggio ad aspettarlo, lui che arriva, accosta, abbassa il finestrino, e si mette a ridermi in faccia, poi guarda le borse guarda me e chiede come diavolo ho fatto a non rendermi conto che non ce l'avrei mai fatta in bici?! Lasciamo perdere... sì, perchè ieri alla coop ho fatto un numero analogo, perchè lì i cesitini ci sono, ma li hanno messi su ruote adesso quindi non te li devi portare in giro per il supermercato così senti quante tonnellate ha dentro, e per fortuna che abito a 7 minuti a piedi dalla coop, e con sole 7 soste in 25 minuti circa sono riuscita a portare casa quelle due cose che avevo fatto un salto a prendere al supermercato!!

giovedì 19 novembre 2009

Due Partite

Foto da qui
Quando dovevamo scegliere il nodo tematico per l'esame di maturità una delle opzioni date era: "La figura della donna tra '800 e '900". mentre i volti di molte di noi si illuminavano alla scoperta che esisteva un'alternativa a "la crisi epistemologica di inizio '900", la nostra prof. di lettere bloccò ogni entusiasmo dicendoci: "fate molta attenzione se decidete di scegliere questo nodo, perché è il classico argomento su cui si può scrivere molto senza dire nulla!"
Ora, se voi aveste conosciuto la mia prof. di lettere non avreste avuto dubbi sul fatto che sicuramente era il tema da NON scegliere. E oggi in effetti mi dico d'accordo con quel suo giudizio, parlare delle donne, anche solo contemporanee senza allargarsi in paragoni, è difficile anche se appartenei alla categoria. (Una mia amica scelse quel nodo, era di un'altra sezione e non aveva la mia stessa prof., e in effetti riuscì a parlare mezz'ora senza dire nulla, nulla d'intelligente almeno.)

Cristina Comencini invece è riuscita a dire qualcosa d'intelligente. La prima cosa che va detta del film "Due Partite" è che ha un cast eccezionale. Due serie di attrici davvero brave che si dividono tra i ruoli di madri e figlie. Nella prima "partita" ci son le madri, donne degli anni '60, madri convinte, artista mancate per dedicarsi alla famiglia, mogli costrette al matrimonio dall'arrivo di un figlio e dalla rigida morale che cercano un angolino di felicità in una storia clandestina, spose novelle che sperano che tutto rimanga come il primo giorno. Queste donne si ritrovano, e mentre le figlie in un'altra stanza giocano, loro giocano a carte, parlano di loro stesse, svelando un'amicizia a tratti strana e crudele, ma molto realistica. Parlano di ciò che sono, di ciò che vorrebbero essere dei loro rimpianti delle loro gioie, vere o finte che siano. Si svelano segreti, litigano, fanno pace, si consolano e si feriscono, rimpiangono le loro scelte, o ne sono fiere, e si chiedono cosa sia giusto per loro e per le loro figlie.
La seconda partita inizia al funerale di una delle madri, forse si è suicidata. Le figlie si ritrovano insieme, senza più il pretesto della partita a carte, molte cose sono cambiate rispetto alle loro madri, e sembrano esserne consapevoli. Anche loro sono amiche, sono donne moderne, che non hanno rinunciato ad una carriera per i figli, o che vorrebbero disperatamente averne. Che hanno un compagno che amano, ma che non vedono quasi mai, donne che dovrebbero sentirsi più realizzate delle loro madri, ma questo non va dato per scontato.

Una commedia molto femminile che però riflette con intelligenza su come le donne debbano sempre sentirsi al'altezza di modelli altri, che la società sceglie e a cui loro possono solo scegliere di adeguarsi meno, senza poterne proporre di nuovi, o senza la forza di proporne di nuovi.
Una commedia dove gli uomini fanno da sfondo e non sono mai in grado di entrare in quest'universo così particolare.

N.B. I titoli di coda hanno delle scene bellissime.

N.B. 2 Io scelsi ovviamente "La crisi epistemologica di inizio '900"

giovedì 12 novembre 2009

Senza Fiato


Toglie il fiato davvero questa canzone. Adoro Dolores O'Riordan, e mi piacciono molte cose dei Negramaro, quindi non potevo che apprezzare questa canzone.
Magnifica.

lunedì 2 novembre 2009

About me

foto da Flickr


Jacqueline lancia un meme che accolgo volentieri per due motivi, il primo è che è un po' che non scrivo e in questo periodo faccio fatica a trovare l'ispirazione, il secondo è che il meme che propone mi piace e mi lancio.
Allora, lo scopo è trovare 10 cose inedite sulla sottoscritta, vediamo se trovo qualcosa di interessante da scrivere, che non vi ho ancora detto e vediamo se arrivo a 10.


1. Adoro le rose bianche. Non quelle verdine o di quel bianco tendente al giallo, no. Quelle bianchissime. E segretamente spero sempre di riceverne.

2. Sono diplomata al Conservatorio, ma non sopporto l'opera lirica, o meglio, mi addormento, letteralmente. L'ultima volta ho preso sonno al Palafenice a Venezia durante la Madame Butterfly, e mi sono svegliata di colpo all'acuto della soprano.

3. Mi commuovo fino alle lacrime per la storie sui bambini (soli maltrattati, che soffrono...). Dai grandi film (Neverland in assoluto quello che mi ha fatto piangere di più), alla più stupida delle fiction o dei cartoni animati.

4. Ho un sogno nel cassetto: aprire una libreria con caffetteria a Brighton (anche se dopo l'ulitmo viaggio in Inghilterra ho pensato che sarebbe meglio cambiare location...).

5. Porto 2 tipi di calzature: scarpe da tennis o con il tacco non più basso di 5 cm. Ecco, le scarpe sono una cosa in cui non ho mezze misure.

6. Non mangio formaggio. Mai mangiato e mai ne mangerò! Vomito solo con l'odore, fanno eccezione solo la mozzarella (ma solo cotta) e la ricotta in combinazioni del tipo ricotta e spinaci.

7. Vado molto fiera dei miei occhi verdi che ogni tanto tendono di più all'azzuro, dipende dal tempo, o dall'umore, o da non so, non l'ho mai capito, ma mi danno l'idea di essere un po' più speciale degli altri (in fondo quanti saremo al mondo ad avere gli occhi verdi... qualche miliardo?!)
Ah, mi dicono che rido con gli occhi...

8. Ho la fortuna di avere uno zio che ha un cavallo, e mi mise in sella per la prima volta quando avevo 4 anni, tra le urla di mia nonna che si opponeva strenuamente. Tutt'ora quando lo vado a trovare, se il tempo lo permette lo obbligo a farmi fare un giro, e lui ogni volta mi insegna qualcosa di più difficile. Andare a cavallo è una delle cose che più amo al mondo!!

9. Sono disordinatissima. Camera mia è il regno dell'entropia, mia nonna diceva sempre che ci vorrebbero un paio di persone a starmi dietro per sistemare tutto quello che lascio in giro... e sbadata, sbadatissima!!!

10. Mi piace cantare, e dicono che non me la cavo male. Canto sempre quando posso, inutile dirlo, ovviamente anche sotto la doccia.


Ecco, che siano interessanti non lo so, ma tant'è!
Adesso dovrei precettare 10 persone.. Ma le ho 10 persone nel blogroll???
Beh, vediamo, ovviamente lascio alla volontà di ognuno, diciamo che leggerei volentieri sul medesimo argomento:
Lieve, Mario, Stefy, Mary, Barbara... e chiunque passi di qui e abbia voglia di fare questo simpatico giochetto!
Attendo di leggervi!

mercoledì 14 ottobre 2009

Pago un vecchio debito

foto da qui
Alessandro Baricco

La mia esperienza di lettrice mi ha fatto capire che Baricco è uno di quegli autori che si ama o si odia. Io, questo è ovvio, lo amo.
Non farò finta di essere oggettiva, o di riuscire a vederne i difetti, spiegherò semplicemente perché piace a me.

Il primo libro che ho letto di Baricco è stato Novecento (sì, prima, molto prima che uscisse il film), da lì ho continuato con Oceano Mare, Seta, Castelli di Rabbia, City (ok Ale, ti perdono per averlo scritto), Senza Sangue, Omero, Iliade, L'anima di Hegel e le mucche del Wisconsin, Questa Storia, I Barbari. Sono andata a teatro a vedere e sentire Arnoldo Foà che interpretava Novecento, sono corsa al cinema a vedere Lezione 21.

Ho sempre amato i narratori, quegli scrittori cioè che hanno il gusto di raccontare le storie (per lo stesso motivo amo anche la Allende) e trovo che lui sia uno di questi. Con il suo modo talvolta ironico, talvolta sofisticato, ti fa entrare in un mondo, e lì conosci i suoi personaggi che sono così strani che non puoi non innamorartene, perché rappresentano la fragilità umana. Elisewin è la paura che tutti abbiamo di rischiare nella vita, che si può vincere gettandosi nell'amore. Thomas è la rabbia e il desiderio di vendetta che abbiamo provato, incarna tutti i torti che abbiamo subito, e non si salverà se non accetta l'amore che gli viene offerto. Il Sig. Rail è la nostra voglia di sognare senza limiti o barriere, di cambiare il mondo e di rendere possibile l'impossibile. Hélène è la nostra capacità di amare incondizionatamente, dimenticando noi stessi senza che l'altro/a se ne renda conto.

Poi ci sono i suoi giochi linguistici, quel manovrare arbitrariamente parole e punteggiatura che lo ha reso (nel bene e nel male) famoso. Ma ovviamente non è del tutto una sua invenzione, a giocare con la sintassi avevano iniziato molti e molti anni prima. Quello che fa Baricco, però, è quasi una trasposizione musicale sulla pagina scritta. Ed ecco che spuntano pagine "corali", dove si alternano molte voci o addirittura si mescolano fino a non poter più distinguere una dall'altra, o dove ad essere raccontati non sono più gli avvenimenti ma i suoni.

Due parole vanno spese per la sua attività di critico, in particolare di critico musicale. Ne L'anima di Hegel e le mucche del Winsconsin scrive delle cose che sono estremamente moderne per l'epoca della pubblicazione, parla di modernità con la duplice veste di chi la musica l'ha studiata e di chi la fruisce. Smonta luoghi comuni grandi come macigni (vedi quello sul suonare con sentimento) e riesce a dire cose per nulla banali. Poi si può essere d'accordo oppure no, ma questa è un'altra storia.

Sul suo film ho speso numerosi post quando è uscito al cinema, per cui andateveli a ripescare. Basti dire che chi ama i suoi libri amerà anche il suo film, perché si riconosce il tocco e lo stile, e rimane narratore anche dietro la macchina da presa. In più in questo film riesce a infilare molto del suo lavoro di critico: il discorso sui totem e sulla modernità e spettacolarità della musica.

Sono di parte? Certo, ma per mia stessa ammissione. Ho provato a spiegare perchè nutro una sconfinata ammirazione per quest'uomo e il suo lavoro. Lungi da me tentare di portare qualcun altro a vederla allo stesso modo.

giovedì 1 ottobre 2009

a proposito di musica...


Oggi riunione degli insegnanti, per i corsi di musica, e due ore a parlare del futuro dei Conservatori in Italia, ne terranno 20? O solo 2? Ancora non si sa, pendiamo tutti dalle labbra e dalla penna della Gelmini.
Qualcuno più lucido dice che in effetti è vero, da quando i Conservatori erano diventati così tanti ( si parla degli anni '60- '70) la qualità si è decisamente abbassata, qualcun altro dice, vogliamo dare la possibilità di studiare la musica, perché a noi a dato tanto, e vogliamo dia tanto ad altri. Il direttore incalza, vogliamo dare lavoro ai giovani musicisti e allargare l'insegnamento musicale nel territorio.

Io li ascolto, confusa, lo ammetto. Non sono sicura che qualcuno debba per forza darmi la possibilità di lavorare, se non me lo merito, o meglio, non si può pensare che al diploma in Conservatorio debba equivalere un posto di lavoro. Troppo facile, bisogna pretendere qualcosa in più.
Poi, per quanto riguarda l'insegnamento a tutti, io sono per l'accesso a tutti, ma anche perché possa continuare chi ci crede e ne ha le capacità, non proprio tutti. Insomma per intenderci, io ho avuto accesso all'insegnamento della fisica, ma era ben chiaro quando la mia prof mi guardava sconsolata alla lavagna e diceva "si vede che studi eh, ma la fisica proprio non la capisci", era chiaro che non avrei mai potuto far quello tutta la vita. E non l'ho mai preteso.

Poi va detto che ci sono molte cose sbagliate nella riforma dei Conservatori, troppe cose di cui non si sta tenendo conto, troppo favore alle scuole private, e se il risultato finale deve essere che per studiare musica ci vogliono i soldi ( già adesso tra libri e strumenti è abbastanza elitaria la faccenda) non mi può piacere la direzione in cui si sta andando. Ma penso che ci voglia anche un po' di lucidità alle volte, e un po' di discernimento, da tutte le parti.

martedì 22 settembre 2009

Sentirsi poveri con 50 euro in tasca!

Sabato mattina devo prendere un treno alle 7 e-troppo-pochi-minuti, e pensavo fosse una cosa facile, ho una banconota da 50 euro in tasca e parto fiduciosa.

La biglietteria ha deciso di fare degli orari nuovi e apre alle 8.30 (i pendolari che vanno via tutte le mattine non si faranno più un biglietto, ma va bene...), ma non mi scoraggio, ne ero stata avvisata e so che ci sono 2 macchinette in stazione, se proprio butta male ho con me anche il bancomat! Mi avvio alla macchinetta e.... (suspance...) è rotta! Non dà alcun segno di vita! lo so, che ho detto che ce ne sono due, ma la seconda è un po' diversa, e funziona con banconote massimo da 20 euro e non accetta il bancomat!
Ma non mi dò ancora per vinta, c'è l'edicola in stazione e lì vendono sia biglietti che abbonamenti, ce la posso ancora fare! Mi avvio a passo deciso, arrivo davanti, non c'è fila (logico, di sabato mattina sono l'unica a prendere il treno delle 7 e-troppo-pochi-minuti!) e chiedo un biglietto. L'edicolante fa per staccarlo e io allungo la mia banconota da 50 euro, lui la guarda e contrariato fa: "Ah, no, sei già la terza stamattina, se te li cambio non dò più il resto a nessuno!". Io tra l'implorante e l'incredulo dico: "Ma la biglietteria è chiusa, la macchinetta è rotta e io devo prendere il treno!! Come dovrei fare?!" "Ah, non lo so e non mi interessa!".
Semidisperata torno verso le macchinette sperando in un'illuminazione e guardando i pochi minuti che mancano all'arrivo del mio treno mi gioco l'ultima carta: prelevo al bancomat 20 euro per pagare il biglietto alla maccchinetta (meno non te li fa prelevare). Appena effettuato il pagamento mi rendo conto che la macchinetta non dà il resto, ma un simpatico buono rimborsabile dalle maledettissime ferrovie dello stato. Inveisco, corro in treno, al primo cambio scendo e corro al supermercato della stazione per comprarmi dei fazzoletti di carta e una bottiglia d'acqua, arrivo alla cassa e ripresento la mia banconota da 50, visto che non posso fare affidamento neanche sul resto della macchinetta, la cassiera mi guarda e mi fa: "Non avrebbe moneta?!" Io la guardo ormai stordita e faccio :"Guardate che son soldi buoni eh!"

Neanche li avessi rubati!

venerdì 18 settembre 2009

Le magagne di faccialibro

Premetto che come dissi tempo fa, anch'io sono su FB, premetto anche che preferisco tenere separate l'area della mia vita dove sono identificabile e contattabile da quella anonima con cui vi ammorbo ormai da un bel po' di tempo.

Come in tutte le cose non mi piacciono le posizioni estreme, non penso che FB sia la scoperta più rivoluzionaria degli ultimi 20 anni, ma non penso neanche che sia il diavolo, penso però che ci siano modi corretti e scorretti di usarlo (un po' come l'aspirina insomma, ma in effetti senza il potere di farti passare il raffreddore!).

Detto questo parliamo un attimo degli usi scorretti (che quelli buoni come al solito sono molto poco interessanti, almeno dal punto di vista della narrazione!). E partiamo da quelli più sottili, tipo l'iscrizione ai gruppi, sì, perché se inizio ad iscrivermi al gruppo "quelli che la mattina fanno fatica ad alzarsi dal letto" è un discorso, tra l'altro penso che se sono davvero miei amici quelli che contatto, in linea di principio sapranno che sono sufficientemente pigra, o dinamica, o che altro. Quando invece mi iscrivo ad un gruppo tipo "quelli che sono stati lasciati da una persona che amavano tanto", "quelli che hanno 4 amici veri nella vita", già le informazioni che diffondi sono diverse, e quelli a sfondo sessuale ve li risparmio, dal momento che vi ho abituati ad un certo contegno. Insomma, in quel momento stai dicendo un po' di più di te stesso/a, anche se in maniera indiretta, e già a questo si dovrebbe prestare un po' di attenzione, non tanto perché siano informazioni sconvenienti, ma perché ci sono cose che ognuno dovrebbe tenere per sé...

Detto questo l'altra mattina apro la mia home page e trovo il messaggio di una ragazza che conosco poco ma di cui sono appunto amica su FB (abbiamo frequentato un corso all'Università...) che recita "Un grosso fanculo a chi ti dice di volersi fare una famiglia con te e poi ti tradisce con una donna sposata". E questo è stato solo l'inizio di una mattinata in cui la povera "cornuta" ha continuato a sfogare la sua rabbia sul web.
Ora, se fosse andata a tagliarlgi le gomme dell'auto e con l'occasione gli avesse dato fuoco alla casa, io stare dalla sua parte, e in caso mi trovassi in giuria in tale processo l'avrei assolta! Se avesse fatto un rito voodoo in cameretta, la capirei, se avesse chiamato tutti gli amici di lui per raccontargli cosa pensa davvero di loro questo personaggio, mettendogli contro tutta la popolazione della piccola cittadina, la giustificherei, se decidesse di evirarlo sulla pubblica piazza, anche. Ma a che scopo, dire al mondo, incluso quello che non ti conosce così bene, che lui ti ha tradito, e fare pubblicamente la parte della cornuta?! Proprio non me ne capacito...

Ecco perchè ho deciso di postare anche questo simpatico video, che ci ricorda che se FB fosse la vita vera, sarebbe un disastro! Forse ci vorrebbe l'etichetta "maneggiare con cura"!

venerdì 11 settembre 2009

Marco Paolini

Mi chiedo sempre quanto sia esportabile quando lo vedo. Perchè io sono veneta, e me lo godo fino in fondo, ma se lo senti parlare, e non sai cos'è il calìgo, o cosa sono i caparossoli, te lo può anche tradurre nello spettacolo, ma non è la stessa cosa.

Raccconta storie Marco Paolini, e di solito le racconta con una lavagna davanti e nella storia c'è sempre un treno, anche quando non c'entra con la storia. Racconta storie della sua terra, e allora parla di nebbia, di isole, di montagne e di pianure, di gente e delle abitudini di un popolo che può piacere oppure no, ma sul quale trova sempre il modo di farti sorridere.
Dal vivo ho avuto poche volte la fortuna di vederlo, l'ho sentito parlar di rugby, e in una città come la mia non è semplice, e poi lui ci mette sempre di mezzo la politica, con le sue contraddizioni, e le sue ingenuità, e racconta i modi autentici delle persone. E' quello che ti fa ridere, riconoscere il modo, la parlata, la frase che sai essere vera, detta, sentita.


Ma quello che a me piace più di tutto è vederlo muovere.


Non è solo mimare il movimento per darti l'idea di quello che vuole dire, è un balletto quello che fa, e non che sia un movimento sempre così elegante, ma il movimento da solo racconta tutto, ti riracconta tutto lo spettacolo. E non riesci a togliergli gli occhi di dosso, perchè è con te che sta parlando, è a te che sta raccontando quella storia.

Foto da qui
Se poi hai visto il Vajont, sai che può raccontare qualsiasi storia, anche le tragedia così grandi imputabili alla stupidità umana. Orazione civile, la definisce, molto di più secondo me. E' un documentario, ma è anche spettacolo, e uno spettacolo al quale non si può restare indifferenti. Se sei nato a Belluno immagino che abbia un peso diverso la tragedia successa a Longarone, ma se hai visto lo spettacolo di Paolini, non sarai mai più indifferente a quel nome: Vajont.







Un artista straordinario, che racconta la storia e le storie che conosce bene, e che forse sono difficilmente usufruibili da tutta l'Italia, o forse no, perchè magari in tutta questa globalizzazione è stato sdoganato anche il dialetto veneto, perchè chi ci è passato per queste terre lo sa, che non è cattiveria, è che è la nostra lingua, e in certi momenti non si può parlarlo l'italiano, perchè certe cose non si possono dire in italiano.
Però è uno di quegli artisti che ti fanno sentire un po' più orgoglioso di essere italiano.

domenica 6 settembre 2009

Guardare alla Luna

Foto from Flickr

Ci piace tutto ciò che non possiamo avere, e nell'attimo in cui lo otteniamo non ci piace o non ci basta più. Vogliamo raggiungere l'irraggiungibile, proprio perché è tale. Perché non ci deluderà mai, non possiamo averlo, per cui possiamo immaginarlo, e nella nostra immaginazione possiamo renderlo perfetto, nella nostra immaginazione non può deluderci, e non può diventare vero. Già quello non ci basta, che non possa diventare vero, ma è parte del gioco, che ci sia una possibilità, che sia desiderabile proprio perché non del tutto frutto del nostro intelletto o (peggio ancora) del nostro cuore. No, lo possiamo avvicinare, a quel tanto che basta per farci capire quanto vorremmo anche noi, ma poi scivola lontano dalle nostre mani, o lo facciamo scivolare... sì, perché se lo toccassimo diventerebbe reale e potrebbe deluderci, o essere difficile, o non bastarci, o peggio, finire. O forse non potrebbe reggere il confronto con ciò che era diventato nella nostra mente, perché nell'attesa, e nel ricrearsi nella nostra mente era diventato ancor più irraggiungibile, più lontano, meno reale, perché tutto ciò che è vero è per sua stessa natura imperfetto, come lo siamo noi, e allora se dobbiamo immaginarci qualcosa possiamo almeno concederci il lusso di immaginarlo privo di difetti, così bello che non reggerà mai il confronto con la realtà.


domenica 23 agosto 2009

A stone in the river


Sono quei momenti in cui ti senti in un certo modo e fai fatica a capire anche tu come, ecco, è uno di quei momenti lì. Mi sento un po' come queste pietre che stavano in questo magnifico torrente. L'acqua gli scorre sopra solo che loro non se ne accorgono, e lasciano che prosegua senza prender parte alla corsa.

Ecco, è come se arrivassi sempre in ritardo (proprio io che se c'è una cosa che odio sono i ritardatari!!). C'è qualcosa che mi sfugge, ed è una sensazione orribile, perchè come quella pietra sono troppo pesante per correre via con l'acqua...
... ma lo vorrei tanto!

martedì 11 agosto 2009

Parlando

Foto from Flickr
Saliamo in macchina, un atlante per quando usciremo dall'autostrada, i nostri zaini, e una tenda, perché non si sa mai, un paio di cd con della buona musica e finalmente partiamo per questa piccola vacanza più volte rimandata e messa in pericolo dai programmi di altri. Ci dirigiamo nella bella Toscana, partenza intelligente e si parte con il fresco della mattina in cui molti ancora dormono, alle 9.30 siamo già nei pressi di Firenze, ma da lì dobbiamo fare ancora un po' di strada. Con la guida in mano scegliamo di volta in volta la destinazione e ci perdiamo in un piccolo borgo medievale arroccato su una collina, che ha delle stradine piccole e strette che ricordano Venezia. Io ho dimenticato la mia macchina fotografica (di nuovo!) ma la mia compagna di avventure fa foto per tutte e due, e ogni tanto mi fa rubare la macchina per fare qualche scatto. Le ore passate in viaggio ci danno modo di fare lunghe conversazioni, e favoriscono quei "Ti dirò, in confidenza, che...", "Te lo dico, però tienilo per te...", e tante altre piccole o grandi confidenze che finalmente ci sentiamo libere di farci. Camminiamo sulle mura di Lucca continuando a chiacchierare e mi rendo conto che le sto dicendo cose che molti dei miei amici più cari non conoscono, ma che va bene così, che "ci sta" in quel momento, che anche lei scambia con me segreti e pensieri e opinioni, e che mi ascolta così come io ho ascoltato lei, e le parole si scambiano si intrecciano e vengono fuori da sole, e anche le risate e i passi sono più leggeri, e le salite meno impervie , e i gradini meno faticosi da salire se usi un po' di fiato per parlare.

giovedì 6 agosto 2009

6 agosto 1945

Immagine da Wikipedia

Non so come ci si possa sentire a sganciare una bomba. Non ho idea di come poi con quelle stesse mani si possa continuare a vivere una vita normale, ad accarezzare un bambino, a preparare da mangiare, a lavarsi la faccia... Per quanto ti possano raccontare che le bombe siano intelligenti e che colpiranno solo le persone cattive, per quanto ti possano fare il lavaggio del cervello, tu sai che stai uccidendo.

Ma la bomba atomica. Come si fa a decidere di sganciare una bomba atomica? E due?! Come si fa a decidere di sganciarne due?

Perchè una avrebbe potuto essere l'estrema soluzione ad una situazione altrimenti irrisolvibile (ma era davvero così?), ma due è la cattiveria umana.

Una bomba che non uccide solo dove colpisce, ma anniente totalmente la vita per un raggio larghissimo, una bomba che cancella, che annulla. Un crimine. Perchè uccidere è sempre un crimine.

Come si fa a decidere di sganciare una bomba? Come si fa a dare l'ordine di sganciare non una ma due bombe su due città piene di persone?
Perchè non possono bastare i volantini che avvertono di sgombrare la città a pulirsi la coscienza da una cosa del genere.

Con quelle mani poi, come si fa a continuare a vivere?

martedì 14 luglio 2009

Raccontami una storia


foto from Flickr
Ci sono poche esperienze nella vita belle come sentirsi raccontare una storia. Lo sanno i bambini che ne chiedono sempre un'altra e un'altra, e non vogliono mai addormentarsi prima che sia finita. Raccontare è un'arte bellissima, adatta a pochi, sì, perchè raccontare non è leggere, è parlare guardando negli occhi, è costruire immagini, suoni, odori, e far muovere tutte queste cose insieme per far succedere qualcosa di magico. Chi racconta crea, chi ascolta vive sospeso per pochi attimi.

Andrebbe messo nella carta dei diritti del bambino, il diritto a farsi raccontare delle storie, e tra gli obblighi morali dei genitori, quello di raccontare le storie i propri figli. Se mi sforzo un po' mi ricordo ancora la storia che mi raccontava mia nonno, la storia di Trentino, sempre quella gli chiedevo, e lui sempre quella raccontava, ma (ecco la magia) quando non si legge, le storie non sono sempre uguali, perchè le parole inevitabilmente mutano, fanno giri e capriole prima di tornare.

E chi una volta ha raccontato una storia ad un bambino, sa che negli occhi si accende una luce che mai prima si poteva intravedere, e che la sua mente fa quel viaggio con te, con le tue parole, ed è un po' prendersi per mano quel momento lì, però in modo diverso.
E alla fine della storia, si può solo sognare, per raggiungere quei posti lontani.

lunedì 6 luglio 2009

Ingredienti per un delitto

foto from here
Un lettore medio (o uno spettatore occasionale de "La sig.ra in Giallo") sa perfettamente che ci sono alcune cose di cui non si può fare a meno in un romanzo giallo. Ad esempio non si può fare a meno di un delitto, dalle prime pagine di un noir (o giallo, o mistery, o come volete) il lettore aspetta l'omicidio (o al limite anche il furto, ma in quel caso di qualcosa di almeno molto raro e molto prezioso e bla bla bla). Poi ovviamente c'è il detective, ma quello al lettore interessa fino ad un certo punto, perché il detective che risolve il caso è più bravo del lettore (o ha più indizi a disposizione), fa congetture prima che il lettore ci arrivi e passa del tempo a spiegarle. Ecco perché al lettore interessa di più l'amico (o nipote, figlio, dipendente....) del detective, quello che come il lettore non ha capito nulla di quello che è successo e deve farselo spiegare, quello che ha teorie simili a quelle del lettore e cade nel tranello dell'evidenza anche un po' di più del lettore. Sì, il dottor Watson, elementare! Quello che fa sentire il lettore un po' meno stupido. Poi ovviamente ci devono essere tutta una serie di perfetti candidati al ruolo di assassino, più o meno scontati. Gli ingredienti sono sempre quelli (piccole variazioni sono concesse e ben accette) ma la differenza la fa chi mescola insieme gli ingredienti!

Il libro che mi ha incuriosito (sono in un periodo della mia vita in cui tutto ciò che ha a che fare con la cucina mi intriga particolarmente) e che mi ha spinto ad un acquisto avventato si intitola "Sapori assassini a Bombay" di Kalpana Swaminathan. La quarta di copertina elogia il libro con rimandi ad Agatha Christie (il che doveva farmi venire il dubbio, niente di più banale che citare la giallista più famosa d'Inghilterra!), ma chi l'ha scritto ha ignorato alcune delle più elementari regole per compiacere il lettore.

Tanto per cominciare siamo in India, paese sufficientemente misterioso per richiedere in qua e in là qualche spiegazione riferita ai termini che l'autrice usa copiosamente e che in Europa sono assolutamente sconosciuti. Sì, mette un piccolo glossario in fondo, ma sarebbe stato decisamente più comodo e apprezzabile trovare il modo per inserire una spiegazione man mano che il testo procedeva.

L'omicidio, piatto principale del menù, viene servito oltre la metà del libro, un po' tardi onestamente. Inutile tentennare, sappiamo tutti che avverrà, tanto vale procedere! La detective c'è, ed è anche una poliziotta in pensione, un po' stravagante, abbastanza sulle sue, dalle capacità mentali superiori alla media. La narratrice (il nostro dottor Watson per intenderci) è sua nipote, una scrittrice, o aspirante tale che dovrà aiutare la zia nelle indagini, ma invece di aiutare il lettore lo svia ulteriormente, tra l'uso di termini indiani incomprensibili e le storie raccontate solo a metà è impossibile, non solo risolvere davvero il caso per il lettore (cosa a cui comunque non aspiriamo, vogliamo essere colmi d''ammirazione per la brillante detective, ma vorremmo anche sentirci un po' meno imbecilli di sua nipote!), ma anche capire come ha fatto la nostra eroina ( che tra l'altro rifiuta di dare alcuni dettagli su uno dei delitti... non si fa!).

L'azione è molto veloce, fin troppo, e infatti gli indizi che si riescono a sparpagliare per la storia sono pochi e banali, si sprecano due belle occasioni descrittive nella danza del ballerino Rafiq che in parte aiuterà a risolvere il caso. La narrazione perde di godibilità, e non ci si affeziona nemmeno al narratore.

Insomma, il classico piatto che quando lo portano al tavolo dei vicini pensi: "che bello, voglio uno di quelli anch'io", ma poi quando dai il primo morso rimpiangi di non aver ordinato le tagliatelle al ragù!

giovedì 14 maggio 2009

Querelle

A provocazione (letteraria, s'intende) rispondo, per gli astanti che si trovano imbrigliati in questa lettura consiglio di leggere il riassunto delle precedenti puntate qui e qui.

Mi va di fare una premessa, rispetto molto i gusti personali e non solo in fatto di libri, quindi questo post ed eventuali miei commenti non sono atti a convincere nessuno della piacevolezza (o meno) di questa o quella lettura, mi sono trovata davanti una persona intelligente e spero di poter rispondere ad alcune rimostranze in maniera adeguata, ritengo anche che ci siano molte persone sensibili (dal punto di vista letterario) che passeggiano dalle parti di questo blog, e anche per questo decido di riportare le mie riflessioni non in un ulteriore commento sotto il posti di Mario ma qui, aprendo la porta ad altri interlocutori.

La questione inizia intorno ad un autore in particolare, Alessandro Baricco, e si sposta sulla Rowling, quando Mario parla dei sui gusti, del fantasy, e di Harry Potter.
Ripartiamo da Harry, il maghetto più famoso del mondo.
Ho avuto una fase romantica nella letteratura anch'io, ho pensato che l'arte fosse il motore e la leva che muoveva il mondo e gli artisti degli esseri fortunati ammessi alla corte di una bellissima dama. Poi ho studiato e ho capito che la fame muove molte più leve. Sì, fame, la necessità di sbarcare il lunario. Per un letterato la fame si traduce immediatamente in "seguo i gusti del pubblico". E non solo oggi nella consumistica società che siamo diventati, no! Vi siete mai chiesti perché i tre moschettieri si intitola così se in realtà i moschettieri sono 4 e a dirla tutta il più figo di tutti è D'Artagnan? Perché Dumas scrive in un'epoca in cui va di moda pubblicare sul giornale a puntate, e al pubblico il personaggio di D'Artagnan piaceva più dei suoi tre amici e Dumas non si fa scappare l'occasione e va dietro ai gusti del pubblico. Nonostante questo Dumas rimane un classico della letteratura, i tre moschettieri rimane un bel romanzo, e non per così poco viene sminuito nel panorama europeo. Come lui ce ne sono altri, questo per dire che l'operazione di marketing della Rowling non è la prima, non sarà l'ultima, e potrebbe non compromettere l'intera opera della scrittrice più ricca d'Inghilterra. Sono d'accordo quindi con quanto afferma Mario sulla costruzione dei capitoli, aggiungerò di più, se fino al terzo libro (forse addirittura al secondo) la volontà è quella di scrivere un libro per bambini, da lì in poi è chiaro che il target è cambiato, anche solo per numero di pagine! Chi di noi metterebbe in mano ad un bambino un tomo di 700 pagine?! La Rowling o chi per lei si è resa conto che se allarga il mercato si allargheranno anche i guadagni, ed ecco che gli scenari si complicano, e che i libri si allungano, con buona pace dei registi che vogliono farne un film, che devono decidere cosa tagliare di ogni romanzo. Inoltre per assicurarsi una clientela fedele la suspance non si crea solo tra i capitoli del libro stesso, ma anche tra uno e l'altro. Si può iniziare a leggere la saga dal secondo, senza perdersi passaggi particolarmente importanti sul filo che lega tutto, ma dopo non si può più perdere una pagina, o si perderanno i pezzi di un puzzle abbastanza sofisticato.
Ammetto tutta la mia ignoranza su Tolkien, ho letto solo L'Hobbit, non mi è dispiaciuto particolarmente, ma sinceramente non è il mio genere. Da qui a dire che tutto questo mondo se l'è inventato lui, andiamoci piano! La tradizione anglosassone eredita un mondo mitologico da cui noi italiani siamo distanti anni luce, riusciamo a malapena a immaginarcelo, ma secoli di civiltà barbare (in particolare i celti) e di lontananza dalla Chiesa hanno favorito il proliferare di una ricchissima tradizione e di racconti dove i protagonisti sono degli esseri particolarissimi (elfi, gnomi, fate e folletti) e molto diversi da quelli che ogni tanto cercando di venderci. Alcuni sono per definizione buoni e altri per definizione cattivi, altri ancora si collocano (più o meno come gli esseri umani) a metà di questa linea. Tolkien riporta in vita questo mondo, in maniera anche molto dettagliata, gli dà un ordine, una nascita, una vita e una fine e da esperto di lingue (moderne e antiche) quale era, ne inventa una lingua. Lui stesso è un grande studioso di filologia e letteratura, quindi non c'è ingenuità nella sua opera in questo senso, ma studio e ricerca, quindi ancor più merito per questa sua operazione. Qualcuno se la sentirebbe di dire che Tolkien copia?!

Ora, la Rowling scrive in un momento storico molto diverso, in cui, ad esempio, esiste una cosa che si chiama genere fantasy (in cui Tolkien viene fatto spesso rientrare, ma di cui forse ignorava il significato), in cui sul mercato c'è molta più roba, e c'è anche Tolkien. Poco importa che lei lo avesse letto o meno. La sua operazione dà vita ad un mondo parallelo (non una cosmogonia come il precedente), non le interessa la nascita o la morte di quel mondo, ma le vicende legate ad un ragazzino di 11 anni che scopre la porta per accedere a tutto quello che riteneva fantasia. E infatti il mondo parallelo in cui entra anche il lettore è a misura di preadolescente, c'è lo sport, la scuola, i compagni di classe antipatici, i negozi di caramelle, e poi c'è anche un ministero della magia e un funzionamento del mondo estremamente ancorato ad un idea britannica di governo. Insomma, difficile paragonare le due opere (forse anche poco sensato). Non è un mistero che gli animali che la Rowling piazza nelle sue foreste incantate siano presi dai Bestiari medievali, ma non la considero così stupida da tentare di farlo di nascosto, insomma anche lei attinge da una tradizione precedente, non esattamente la medesima (i popoli di elfi e maghi hanno origini molto più antiche delle leggende medievali), ma anche lei sa servirsene sapientemente. La cosa che io personalmente apprezzo è il gusto per i particolari nei libri di Harry Potter, faccio un esempio, la gente nei quadri che si sposta anche da un paese all'altro, basta che ci sia un altro ritratto nell'altro posto dove sono diretti, il pensieve, o pensatoio che ti permette di vedere le tue memorie senza dover sopportare la gente che racconta... Questa serie di piccole cose denota una cura nel raccontare che è già evidente nel primo libro della saga. Tanto evidente quanto le operazioni di marketing che la Bloomsbury ha pensato per lei, mi va di far notare che tutto questo ha preso il via, perché il suo primo libro è stato un successo che nessuno si aspettava. Da lì in avanti, la piccola casa editrice che ha partecipato al successo della scrittrice non poteva permettersi di sbagliare un colpo, ma questo compromette davvero il gusto di tutta l'opera?
Personalmente non ne sono convinta.

Su Baricco spenderò un altro post, perché mi pare di avervi ammorbato a sufficienza fin qui.
Alla prossima puntata.

lunedì 11 maggio 2009

Baricco legge Melville

ieri sera da Fazio, e io come sempre incantata, incollata davanti al televisore. Dice sempre qualcosa che non hai pensato, e questo lo rende un genio, ti fa notare un particolare che tu non prenderesti mai in considerazione. E racconta libri e scrittori come nessuno.

E ti vien voglia di leggere tutto Melville in un giorno, di correre in libreria, e andare a comprare Moby Dick. E poi ne legge un pezzetto, e senti, che quel rumore lì ti è familiare, che, se come me hai letto praticamente ogni cosa uscita dalla sua penna, quelle parole lì non sono nuove per le tue orecchie.

E ti convinci ancora di più che è un genio, perchè in un mondo in cui tutto è già stato scritto, tradotto ed elaborato, lui sa scrivere parole che parlano ancora, e parlano di libri.

martedì 28 aprile 2009

Posti che...

...che fanno venire voglia di fare cose che non hai mai fatto e non hai mai avuto voglia di fare! Come questo negozio:



Si trova in centro a Padova, e alle volte mi capita di passarci davanti, non riesco mai a non fermarmi. Fa parte di quei posti meravigliosi in cui mi piace posare la sguardo, ma questo negozio, oltre ad essere nella parte vecchia della città, e di conseguenza la più affascinante, ha un fascino in più. Sarà la disposizione degli oggetti, sarà che almeno dalla vetrina sembra essere fornito davvero di tutto. O sarà qualcos'altro che non so capire, ma mi viene sempre voglia di imparare a disegnare quando ci passo davanti, per poter una volta almeno entrarci dentro, che lo so che dentro a questi posti i negozianti sono sempre esperti, in questo non può esserci altro che un pittore, che sa tutto di Giotto e della Cappella degli Scrovegni, che conosce i segreti più intimi dell'arte del ritratto...

La cosa buffa è che io odio disegnare, non sono in grado, anche da bambina, non volevo mai disegnare, qualsiasi cosa pur di evitare di fare un disegno!


Eppure davanti a questa vetrina... mi vien voglia di dipingere!

martedì 21 aprile 2009

ricetta per la bella stagione

La bella stagione è arrivata e con esse le prime scampagnate e le prime "gite fuori porta". E di conseguenza inizia la mia produzione di torte salate!
Sì, perchè la cucina è uno dei miei piccoli piaceri, e che io mi diletti è uno dei piaceri dei miei amici, che apprezzano le mie creazoni. Adoro la pasta sfoglia, è estremamente utile per combinare insieme tantissime ricette diverse.


La mia versione estiva è già entrata in produzione e vi posto alcune foto. Immagino che la ricetta sia sufficientemente banale (non sono mica una food-blogger!!), ma non seguo mai una ricetta per queste cose, vado ad estro e fantasia, per cui...




dopo aver messo la pasta sfoglia nella teglia, adagiate sopra qualche fetta di prosciutto cotto. Intanto saltate in padella con un po' di olio extra vergine di olive i pomodorini tagliati a metà con un po' di sale, pepe e origano. Scolate l'acqua in eccesso, aggiungete di nuovo una presa di sale. Adagiateli poi sul fondo della torta e aggiungete qualche oliva tagliata a metà e qualche cappero, poi dei cubetti di mozzarella (è preferibile quella per pizza che lascia meno liquido). Aggiungete un filo di olio.

Ricoprita con un altro disco di pasta, al quale avrete tagliato un po' i bordi per farlo meglio aderire, e infornate in forno già caldo per circo 20 minuti. Il risultato dovrebbe essere questo:

Vi sconsiglio di consumarla appena venuta fuori dal forno, perché rischiate l'ustione, è buona anche fredda!!


Vorreste vedere l'interno?!
...eh, non ho mica fatti in tempo a fare la foto!!

venerdì 17 aprile 2009

"Teacher, questa è per te, l'ho fatta io!"

Una ghirlanda di margherite e pratoline tutta per me!
Per fortuna che ci sonoi bimbi a regalarmi dei fiori ogni tanto!

venerdì 10 aprile 2009

Quello che i giornali italiani non hanno il coraggio di dire...


Dopo il terremoto Berlusconi tramuta il disastro in vantaggio elettorale.

L'energica reazione del leader italiano al disastro si è rivelata un trionfo d'immagine.

Ancora riecheggiano le beffe dei media di tutto il mondo, Italia inclusa, nelle orecchie di Silvio Berlusconi di ritorno la settimana scorsa dal g20 a causa dei suoi modi da clown al summit internazionale. Ma 4 giorni di impegno e iperattività nel disastro dell'Abruzzo hanno portato il premier dalle stalle alle stelle. Conducendo le operazioni dal fronte, il 72enne Presidente del Consiglio, ha dato un taglio alla burocrazia che spesso in Italia rende un incubo ogni operazione apparentemente semplice, e ha trasformato una zona disastrata in un nuovo e provvisorio terreno economico. Ha impegnato ieri altri 70 milioni di euro in aiuti per l'emergenza, portando il totale a 100 milioni. Ha anche annunciato che i 28 milioni di sfollati sarebbero stati esentati da pagamenti di ipoteche e tasse con effetto immediato.

Se la spinta politica che si sta godendo adesso sia provvisoria non è ancora chiaro. Quello che è chiaro è che dal momento del disastro si è creata una netta distinzione tra la percezione del premier in Italia, e all'estero. I suoi commenti apparentemente ironici, e i suggerimenti agli sfollati di pensare di essere in vacanza in campeggio, e di tirarsi su di morale passando la Pasqua al mare, sono presi dai media stranieri come esempio delle esternazioni sempre fuori luogo di Berlusconi.
In Italia, alcuni, come l'ex senatrice, dicevano che le sue battute erano un riflesso della sua insensibilità. "Lui non può essere mai negativo... quindi la sua risposta è l'ottimismo
estremo", disse alla stampa francese.
Il grande pubblico si è a malapena accorto di queste gaffe, alcune della sue apparizioni nella zona del terremoto anche addirittura catturato qualche applauso. E i giornalisti che spesso sono scettici circa Berlusconi, hanno concluso che , politicamente, questo è un "buon" terremoto per lui. Ha annullato una visita in Russia ed è volato in elicottero lunedì mattina in Abruzzo poche ore dopo il disastro, all'ora di pranzo era in televisione seduto al fianco del capo della Protezione civile Guido Bertolaso, a rilasciare numeri e statistiche sulle morti, sulla distruzione, e sulle squadre di soccorso.
Martedì era di nuovo lì per dare un'altra occhiata, e mercoledì ha fatto un giro a piedi nel centro devastato de L'Aquila, la capitale dell'Abruzzo."E' molto peggio di quello che pensavo" ha commentato alla conferenza stampa, ormai un rituale quotidiano. "Pensavo fossero state danneggiate solo le vecchie abitazioni, ma qui non c'è più un edificio intatto, è una città fantasma".
Con indosso un elmetto di sicurezza stile Ultraman, ha parlato con i superstiti, uno dei quali, un'anziana signora dai capelli bianchi piangendo gli ha detto:" Silvio, c'aiuti, non mi è rimasto niente, nemmeno i denti! Non dimenticarti di noi!" Scrollandosi di dosso la timidezza verso le persone comuni che negli anni passati lo aveva reso un testimone imbarazzato delle tragedie altrui, le ha accarezzato i capelli stringendola al petto.
"Faremo tutto il possibile" ha risposto con la voce soffocata dall'emozione, "vedrà nessuno sarà dimenticato, siamo qui."
In questo modo, a poche settimane dalle elezioni europee, Berlusconi sembra aver trovato il modo per dominare le notizie sul terremoto per tutta la settimana, evitando di dare l'impressione di sfruttare la tragedia per fini politici.
E secondo uno dei principale quotidiani italiani, dopo 15 anni in politica avrebbe trovato la sua situazione operativa ideale. " Massimo Gramellini ieri ha scritto sulla stampa:"Ci voleva un incubo per realizzare il sogno degli elettori di Berlusconi. Per la prima volta lo abbiamo visto all’opera non come politico né come imprenditore, ma come imprenditore dotato di potere politico. Si è arrotolato le maniche ed è sceso in campo.suo campo, quello del «fare», dove può esprimere la personalità debordante senza i vincoli delle procedure formali."
Berlusconi così ha reso i suoi avversari praticamente invisibili. Anche Franceschini, il leader dell'opposizione, capo del Partito Democratico è andato a L'Aquila, mercoledì, ma nessuno se n'è accorto. Il presidente Napolitano c'è stato ieri, Papa Benedetto ha detto che farà visita al più presto, ma nessuno dei due ha sfidato il premier che mercoledì ha detto di non aver dormito per 44 ore mentre sciorinava statistiche con modi da macchinetta: 2,962 tende per 17,772 persone, 24 cucine da campo, 14 ospedali da campo 28,000 senzatetto, 8,500 squadre di emergenza e così via.
Sembra ripetersi la scena della crisi per la spazzatura a Napoli, quando un anno fa dopo aver vinto le elezioni ha tenuto nella città in primo vertice di governo e fece gran mostra di essersi preso personalmente carico del problema, con lo stesso capo della Protezione Civile al suo fianco.
Ma Napoli era una sfida più tosta: L'ostilità all'impianto di nuovi inceneritori e il coinvolgimento del crimine organizzato nell'affare dei rifiuti erano alcuni degli elementi che la resero una crisi difficile da gestire.
Al contrario, il disastro procurato dal terremoto è fortunatamente semplice: ci sono solo vittime, decine di migliaia, come la donna con la dentiera.
Nessuno ha la forza di accusare Berlusconi di ricavare capitale politico dalle loro disgrazie; e quasi tutti devono essere sinceramente grati che qualcuno così energico, deciso e potente sia disceso dall'alto a sventolare la sua bacchetta magica.
Così la riduzione della oplitica italiana ad una sola grande personalità, il progetto di Berlusconi da quando si candidò 15 anni fa, è praticamente completo.

Da The Independent 10/04/09, Peter Popham

mercoledì 8 aprile 2009

Sono più portata a credere ai giornali stranieri...

La città ha ignorato l'avvertimento del l'imminente terremoto, più di 150 i morti, 1500 feriti e 50 000 sfollati nel disastro che ha colpito l'Italia.
Quando ieri l'Italia si riprendeva dal potente terremoto che ha fatto più di 150 vittime, e raso al suolo intere città mentre la popolazione dormiva, un sismologo affermava di aver dato notizia del disastro nelle 24 ore precedenti e afferma che il suo allarme è stato ignorato.
La scorsa notte le squadre di emergenza stavano ancora freneticamente cercando dei sopravvissuti nella città medievale de L'Aquila, vicino all'epicentro del sisma, e nei villaggi vicini, lungo le montagne dell'Abruzzo, nella zona centrale del paese. Pare che una squadra abbia salvato almeno 60 persone dalle macerie. Più di 1500 sarebbero i feriti e fino a 50 000 persone sono rimaste senza un'abitazione. I dispersi sono decine, e pare che il numero dei morti sia destinato a salire. Nonostante il presidente del consiglio Silvio Berlusconi abbia dichiarato lo stato di emergenza e promesso un numero eccezionale di squadre di salvataggio, la forte amarezza si sta diffondendo in merito alla presunta possibilità di salvare tutte queste vite facendo evacuare prima delle 3.32 della notte, ora in cui il terremoto ha colpito. La scossa è stata misurata, 5.8 gradi della scala Richter, secondo l?istituto Nazionale di Geofisica Italiano, Il Geological Survey americano riporta invece la misura di 6.3.
Un certo numero di scosse aveva colpito la regione de L'aquila a metà gennaio, il che ha spinto Giampaolo Giuliani, un ricercatore dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare i cui laboratori si trovano sotto il Gran Sasso a far scattare l'allarme. In alcune interviste precedenti la scossa di terremoto, affermava di aver sviluppato un sistema di avvertimento basato, non sulle onde sismiche, ma sul radon che viene espulso dal terreno sottoposta ad intense pressioni.
Dopo la sua avvisaglia un furgoncino con megafono ha fatto il giro delle case avvertendo la popolazione di lasciare le proprie abitazioni. Ma il sindaco, Massimo Cialente, lo ha minacciato di procurato allarme, anche se nella regione si erano verificate 9 scosse dall'inizio di aprile."Ci sono persone che devono chiedermi scusa e che avranno sulla coscienza il peso di quello che è accaduto", dice Giuliani a La repubblica, l'esperto racconta di non aver saputo come muoversi domenica quando gli fu chiaro che il terremoto era imminente "non sapevo più a chi rivolgermi, non potevo fare nulla perché ho ricevuto un avviso di garanzia per aver detto che ci sarebbe stato un terremoto".
Berlusconi che ha cancellato un viaggio in Russia, per raggiungere le zone colpite dal disastro, appare sulla difensiva quando gli si chiede ragione del comportamento delle autorità. Ora è tempo di concentrarsi sui soccorsi e “possiamo discutere in un secondo momento sulla prevedibilità dei terremoti”.
Nel centro de L'aquila il suolo è ricoperto da macerie, cemento, mobili, tegole. Le strade sono ricoperte di polvere grigia, e così le auto parcheggiate, il tetto della cupola di una delle chiese in piazza Duomo è completamente andato. La gente del posto racconta l'orrore di vedere la propria città spazzata via sotto i loro piedi nel mezzo della notte.
"Mi sono svegliata con il suono di quella che sembrava l'esplosione di una bomba" racconta Angela Palumbo, 87 anni."siamo riusciti a scappare mentre tutto ci cadeva addosso. Tremava tutto, i mobili cadevano. Non ricordo di aver mai visto niente del genere prima d'ora"
[...]
Da The Independent

P.S. La traduzione è mia, tralascio l'ultima parte dell'articolo che riporta le reazioni delle vittime, nel remoto caso di citazione vi prego di indicare la fonte.

sabato 28 marzo 2009

Nella vecchia fattoria....

"Children, oggi ripassiamo gli animal della farm che abbiamo imparato all'inizio dell'anno, ve li ricordate?!"
"Quello che fa Bau Bau?!"
"Dog!"
"E poi? chi se ne ricorda un altro?"
"Cat!"
"Very good! Altri?!"
"Horse!"
"Cow!"
"E poi?! ve ne ricordate altri?!"
"Ad esempio quell'animal della Farm, della fattoria, che ha le orecchie lunghe, è pelosetto e salta!"
"Elephant!"
"..."

(Vanno portati più spesso in campagna questi bambini...)

giovedì 19 marzo 2009

Dell'informazione, o quel che rimane...

Si fa un gran parlare di informazione in questo periodo. In tutti i modi, dileggiandola, dicendo che in Italia non esiste, dicendo che è in mano a pochi, e quant'altro...

Ci pensavo, e mi chiedevo: di quale informazione posso fidarmi?!
Domanda difficile. Da molti autorevoli giornalisti mi viene detto che troppo spesso l'informazione viene manipolata, cioè vengono date le notizie parzialmente, o senza aiutare a riflettere sulle reali conseguenze per noi cittadini, o addirittura alcune notizie non vengono date perché ritenute "scomode". Anche questa è informazione, e sono libera di crederci o meno. Tanto per chiarire, c'è chi sceglie di credere a Fede, e chi a Travaglio. Ora, io posso anche decidere di ritenere Fede, e chi guarda il suo telegiornale persone dallo scarso senso critico e totale mancanza di quello che viene chiamato principio di realtà. Però ovviamente altrettanto succederà a loro nei miei ( e di alcuni altri) confronti. No, non è un simpatico esercizio di logica, ho una vaga idea di dove voglio andare a parare...

A questo punto in questo mare di frasi e loro contrari che si trovano in giro un pensiero sorge nella mente di un cittadino che voglia essere informato: e se mi procurassi da solo le informazioni, le valutassi da me?! certo, è possibile, ma molto dispendioso in termini di tempo. E soprattutto, se il giornalismo, e i giornali sono nati è stato per fornire un servizio (che viene pagato) che sta proprio nell'informare. I giornali nascono nel secolo dell'illuminismo, in cui la ragione illuminava le menti degli uomini (o almeno questo si auspicava), e quale mezzo migliore per fare sì che ogni mente umana si formi la sua opinione a partire dal mero dato oggettivo.

Lo so. I dati oggettivi non ci sono. Il fatto stesso che te li comunichi un altro essere umano non garantisce sull'oggettività, ma penso che siamo tutti in grado di distinguere una notizia data in modo "equidistante" da una che non lo è!

In questa bagarre gigantesca io ho trovato ristoro su quotidiani esteri. Vi interessa qualcosa che è accaduto in medio oriente?! Leggete Robert Fisk, lui sì che è un giornalista, quello che ha scritto lui dopo la condanna di Saddam su Inghilterra e America, non so se qualcuno in Italia avrebbe avuto il coraggio di scriverlo!!

Però purtroppo per sapere qualcosa della politica italiana bisogna aspettare che il presidente del consiglio ne combini una delle sue... e non sono parole lusinghiere quelle che arrivano in quelle occasioni.

Allora che fare?! Perché ad esempio che la riforma della Gelmini è passata, lo hanno detto pochi telegiornali e giornali dedicando davvero uno spazio minimo, che mercoledì c'è stato uno sciopero, che gli stessi ragazzi che qualche mese fa hanno fatto tanto scalpore tornano a muoversi per questi vergognosi tagli, non ce lo sta dicendo quasi nessuno... ed è così per tante altre cose
che fare?


questo non lo so...

mercoledì 4 marzo 2009

"I musicisti sono animali strani"

foto from Flickr
...diceva la mia prof. di armonia, "animali molto sensibili, non parlargli di soldi, perché potrebbero offendersi, loro non mangiano, non si vestono, vivono della loro arte!" E noi sorridevamo, sì perché non sapevamo.

Non sapevamo quante volte avremmo suonato "per la gloria" (che non è una simpatica ragazza!), quante volte ci avrebbero ripagato delle nostre fatiche con un rinfresco e qualche pizzetta, quante volte neanche quello, solo un grazie ed un paio di complimenti, e a volte trattati anche peggio.

Oggi mi è successo qualcosa del genere, ma non è la prima volta. E mi sono chiesta se la stessa gente avrebbe chiamato l'idraulico e poi invece di pagarlo gli avrebbe offerto il pranzo (di pesce, visto i costi medi), chi si sognerebbe mai di chiedere una consulenza professionale e poi non pagare per il servizio avuto.
Attenzione, perché non è una questione di soldi, ma di dignità, mi spiego meglio. Sono convinta di non poter chiedere i compensi di Uto Ughi ( e infatti il paragone lo faccio con l'idraulico, non con Andres Segovia), ma a qualcuno va spiegato che per suonare quei 20 minuti di musica che mi sono richiesti io ho studiato 10 anni, ho dato esami e preso un diploma. Questo vuol dire che quando mi esibisco metto in campo non solo le mie capacità, che saranno valutate, ma anche la mia professionalità e la mia dignità. Traduco: faccio delle prove, studio, preparo un programma adatto al pubblico che mi ascolta, adatto all'occasione, se serve mi preparo per introdurre quello che suono, ecc...
Insomma, che vi piaccia o no, faccio il mio lavoro, e non vedo perché non dovrei essere pagata per questo, poi come sempre quando ci si rivolge ad un professionista, se il lavoro è malfatto la prossima volta si chiamerà qualcun altro.

Ma purtroppo la prima cosa che sbagliamo è la nostra mentalità. Sì, perché alle prime occasioni che abbiamo di suonare, siamo talmente grati che diamo per scontato molte cose. Ricordo molto bene occasioni per piccoli concerti di cui ero contenta anche solo perché provavo dei pezzi per il diploma, o appena dopo il diploma, per mettermi alla prova su un certo tipo di repertorio, e di chiedere un compenso non hai la minima idea. Perché, pensi, non sono neanche diplomato, o sono appena diplomato, in fondo serviva quasi più a me... Ma l'idea che passa è che la musica non si paga, non hanno costo quegli anni spesi a sudare su quegli spartiti, è vero, ma diventa una scusa troppo comoda. Non ha costo il piacere di una musica da ascoltare nell'intermezzo di una qualche conferenza.
Ed eccolo qui il musicista, animale sensibile, che si trova a suonare per una platea deserta, perché il concerto è stato messo nella stessa data della gita della classe a cui era destinato, ma l'importante è che eseguano il brano e che qualcuno li ascolti, non importa in quanti. E lo stesso musicista aspetta di sapere quando deve suonare e viene poi avvisato che alcuni degli scrittori che interverranno oggi si sono organizzati diversamente e hanno un altro strumentista (non lo diciamo che non si sa neanche con che qualifica, perché poi non è quello il punto), e quindi non sappiamo più come gestire la cosa. E allora che fai?!
Ti alzi e te ne vai, spiegando che non sei tu che hai chiesto di suonare e che non vuoi essere d'intralcio a nessuno, però pensi, pensi che se avessi fatto l'idraulico, almeno ti dovrebbero pagare l'uscita!

martedì 3 marzo 2009

"Però, ti appassiona 'sta roba!"

Il commento di un amico mi fa pensare che sì, mi piace quello che sto facendo ora, io, che a scegliere faccio sempre così fatica, ho fatto la scelta giusta, una volta tanto... Perché quella cosa lì di scegliere è una cosa difficile, e io l'ho imparato bene, io che di scelte importanti nella mia vita ne ho fatte almeno 3.. almeno, perché poi se magari ci penso ne ho presa anche qualcuna in più. Io, che in questi giorni rimugino su una scelta fatta, e scelte da fare, e che in generale "penso troppo", quella volta ho scelto d'istinto, di pancia, non di testa... e ho scelto bene!

venerdì 27 febbraio 2009

immagine da Wikipedia
Ieri sera prima di cena, stavo facendo un po' di zapping e (ahimè) capito su rete 4 nel momento in cui intervistano alcuni cittadini sulle nuove limitazioni allo sciopero (non si deice così?!).
Io spero che de defic... beninformati del geere li abbiano cercati col lanternino! Ovviamente non serva dire che pansavano tutti che fosse una legge assolutamente necessaria...

Anch'io mi arrabbio quando non c'è il mio trenino che mi porta a lezione o al lavoro, ma io ho rispetto del diritto allo sciopero ( lo diceva già Locke anni fa, e dargli del comunista e quanto meno anacronistico...). E lo sciopero nasce dalla volontà dei lavoratori di far capire che quello che fanno è importante, facendolo mancare. Nasce dalla concezione che essere una società, una comunità, vuol dire che se una parte soffre, ne soffre tutta la comunità. Ma la società non può accorgersene finchè quei lavoratori garantiscono il loro servizio.
Allora qualcuno mi può spiegare qual è il senso dello sciopero virtuale (= finto)?!
Perchè io nella mia mente limitata non lo riesco a capire, però nella mente limitata di cui sopra me la vedo la scena di uno sciopero virtuale di cui non si accorge nessuno, come non ci si accorge del disagio che sta dietro...

giovedì 26 febbraio 2009

Cose che non cambiano


Se c'è una cosa che non è cambiata in 7 anni di Università (e temo non cambierà, ma auspico di non essere qui a verificarlo) è la fila al bagno delle donne. Lo so quello che state pensando: non c'entra niente l'Università, ma vi assicuro che il nostro è un caso un po' più particolare!
Sì, perché vorrei fare 2 chiacchiere con la geniale mente che ha pensato ben 2 bagni per gli uomini! Ah, forse non è noto ai più qual è la mia facoltà: Lingue! Ecco, che gli uomini di questa facoltà si contano sulle dita di... su un paio di dita! E non serve lavorare all' Istat per fare questi conti, per dire, ci sono arrivati anche gli studenti di scienze politiche, che vedendoci uscire da un aula dopo la lezione hanno commentato "E che è?! Lezione di economia domestica?!". Commento che, con tutto il rispetto per gli studenti di scienze politiche, ne rivela il livello di cultura...

Ottimizziamo, riduciamo gli sprechi, dice la Gelmini, bene! Allora devolviamo questi 4 nuovi bagni a chi ne ha davvero bisogno (che per i maschietti ne basterebbe uno solo per servire tutta la facoltà di lettere e filosofia...) e facciamo fare meno fila all'esorbitante numero di studentesse, che così passano meno ore in fila e di più a studiare, si laureano prima (trovano lavoro comunque dopo i loro colleghi maschi, e non certo perché questi ultimi evitano le code al bagno...) e vedrai quanti problemi in meno nelle Università... no?!

lunedì 16 febbraio 2009

Il romanticismo dei treni

Foto da Flickr

C'è qualcosa di romantico nei treni... sì, a parte il fatto che sono sempre in ritardo, che sono sporchi e tutto l'odio che il pendolare medio accumula nei confronti delle ferrovie dello stato... c'è qualcosa che mi piace nei treni...

Sarà tutto quel muoversi fuori dal finestrino, campi e case che scorrono davanti ai tuoi occhi, sarà, quell'umanità che ci trovi dentro. Non mi riferisco al sentimento, sia chiaro, che per trovare un posto le più graziose nonnine sono disposte a sgomitare come non ci si immagina neanche, no mi riferisco al fatto che in treno salgono tutti i tipi di persone, anche quelle che non t'aspetti. Senza voler avere alcun riferimento politico, il treno è in qualche modo democratico, chiunque può salire. E in treno tutti viaggino in una direzione, ma con direzioni diverse. Ognuno ha la sua fermata, ognuno ha un suo punto d'arrivo. E in treno, quasi tutti si organizzano per passare il tempo. C'è chi dorme, chi ascolta la musica, chi mangia e chi beve, chi lavora, chi studia, chi telefona a chi ha appena lasciato o a chi sta per raggiungere, c'è chi chiacchiera, e chi legge.

Non si leggerebbe nulla, se non fosse per paura. O per rimandare la tentazione di un rovinoso desiderio a cui, si sa, non si saprà resistere. Si legge per non alzare lo sguardo verso il finestrino, questa è la verità. Un libro aperto è sempre la certificazione della presenza di un vile – gli occhi inchiodati su quelle righe per non farsi rubare lo sguardo dal bruciore del mondo – le parole che a una ad una stringono il fragore del mondo in un imbuto opaco fino a farlo colare in formine di vetro che chiamano libri – la più raffinata delle ritirate, questa è la verità. Una sporcheria. Però: dolcissima.” A. Baricco, Castelli di Rabbia

Si sale in treno già con l'idea di dover trovare il modo di passare quel tempo inerte che ci separa dalla meta. Un tempo prestabilito, non sempre rispettato, ma prestabilito. E inevitabilmente ci si trova ad osservare gli ignari compagni di viaggio, perché per lungo o corto sia, quello è un viaggio condiviso, e osservandoli immaginiamo. Immaginiamo che la ragazza che ci sta davanti sia in viaggio per raggiungere il suo amore perché ogni dieci minuti guarda l'orologio, immaginiamo che l'uomo che è appena salito non sia un habitué, perché lascia sedere troppa gente, senza sapere che a quest'ora è già una grazia trovare posto, e perché ad ogni stazione si sporge per vedere dove siamo. Immaginiamo vite e destinazioni per chi sale e chi scende. Riconosciamo gli studenti che vanno a fare un esame, che si affannano a leggere per l'ultima volta gli appunti, e ogni tanto alzano lo sguardo per ripetere silenziosamente. Vediamo anche scene che ci fanno ridere o sorridere, perché alle volte la gente pensa che il treno sia un posto al di fuori del mondo dove si può dire qualsiasi cosa, dove il giornale uno lo compra per farlo leggere alla comunità, dove ci si possono raccontare segreti. Ma sui treni c'è tutto un mondo che ti ascolta, anche involontariamente, e alle volte nasconde a fatica un sorriso dopo le tue parole.

venerdì 6 febbraio 2009

Le età della vita

Leggevo un articoletto, in una di quelle riviste che compro per conoscere i programmi televisivi, un articolo rivolto alle mamme dal titolo "Quando farli avvicinare alla musica?". Seguivano alcune indicazioni, tra cui quella di abituare da piccoli i bimbi alla musica con occasionali ascolti, senza proporre loro un sottofondo continuo. Bene, al limite dell'ovvio, ma meglio ricordarlo: non rintronate i vostri figli! Seguono poi indicazioni sullo studio della musica: l'età giusta per iniziare?! 3 anni, a quell'età sono spugne dal punto di vista dell'apprendimento e imparano tutto! Vero, anche se più che insegnamento vero e proprio io lo chiamerei "avvicinamento", insomma, sbatte le macchinine a terra, ma a tempo di valzer!
E ancora: l'età per imparare a suonare uno strumento? 5/6 anni! EH?!?!?!?
Ebbene non vi nascondo che mi piacerebbe vedere la mente geniale che ha scritto cotanto articolo provare ad insegnare ad un bambino di 5/6 anni a suonare uno strumento qualsiasi. Lo dico perché ho tra gli allievi un bimbo di sei anni! Sicuramente lui è dolcissimo, e cerco di "giocare a suonare", ma insegnare musica è un'altra roba!
Insegnare musica vuol dire insegnare la disciplina, vuol dire fornire delle nozioni, spiegare un linguaggio, che li aiuterà ad entrare in un mondo bellissimo, ma anche molto complicato. La musica si fonda su discipline come la fisica, la matematica, la filosofia. Per fare un esempio banale, le indicazioni di tempo sono espresse in frazioni.

Consideriamo anche le dimensioni di un bambino di 5/6 anni! Il mio piccolo allievo quando si siede sulla sedia non tocca terra con i piedi, e per suonare la chitarra non è il massimo! Per fortuna le chitarre (e anche i violini) li fanno più piccoli (1/2 e 3/4), ma i pianoforti? O altri strumenti? Perché sarebbe bello e onesto che fosse il bambino a scegliere lo strumento!
Bene, adesso mettiamoci per un attimo nei panni di quel povero insegnante. Quante e quali nozioni deve avere?! Sì, perché non basta conoscere la musica, bisogna anche trovare un modo per insegnare a bambini così piccoli, e la formazione di un insegnante di musica passa per un diploma di Conservatorio, e pochi hanno anche un diploma in Didattica della musica.

Per carità, come gioco, intuitivamente, o come attività propedeutica,si può fare!Ma, se posso, se vostro figlio non è un genio, non dico dotato, ma proprio un genio (e storicamente sono pochi, pochissimi!), a 5/6 anni, lasciatelo giocare!

domenica 25 gennaio 2009

Le risposte giuste...

foto from Flickr
L'altro giorno in treno andando a fare un esame ( N.d.R. ecco perché latito da settimane da questi lidi...) stavo pensando alle risposte giuste. No, non avevo un test a crocette, ma pensavo alle risposte giuste da dare nella vita, a quelle risposte che però ogni tanto non puoi dare (a meno che tu non sia Padre Pluche)! Faccio qualche esempio per chiarire il concetto, sono quelle risposte che si creano nelle tua testa in maniera automatica, ma non te la senti di far uscire dalla bocca, tipo quando qualche tuo parente (di solito una zia anzianotta e che vedi 2 volte l'anno) ti chiede "E allora non sarebbe ora di trovarsi un moroso alla tua età?!". In quei casi tutti noi sappiamo che la risposta giusta e la prima che arriva al nostro cervello è "E ti co tutti i to ani non te ga ancora imparà a farte un tecin de cassi tui?!" (trad. " e tu alla tua veneranda e venerabile età, non hai ancora trovato modo di occuparti principalmente ed esclusivamente degli affari che ti concernono?")
Ma questa risposta non è possibile, perché vorremmo evitare lo scoppio della terza guerra mondiale in casa, per cui optiamo per risposte meno esaustive e più concilianti.

Più o meno allo stesso modo quando la mia prof ha liquidato uno dei miei lavori in preparazione all'esame (non uno dei miei migliori, questo va detto) dicendo "Se voi siete dei lavativi la colpa non è mia!", la risposta giusta da dare era: "Guardi, lei può dirmi molte cose, ma non penso possa permettersi di darmi delle lavativa. Perché, vede, lei non può saperlo, ma io ho la settimana dopo la mia laurea ho fatto un diploma in Conservatorio (2 giorni d'esame), e questo non mi pare sia l'atteggiamento di una lavativa, ho studiato il doppio per 10 anni, finché non sono arrivata al diploma, e in tutto questo ho sempre anche trovato il tempo per dedicarmi ad altre cose ed interessi. Tutt'ora trovo il tempo di lavorare per avere un minimo di indipendenza economica e cerco di portare avanti i miei studi perdendo meno tempo possibile. Quindi, riassumendo, mi dica che non sono pronta per l'esame, mi dica che non so bene la lingua, ma per piacere non si azzardi mai più a darmi della lavativa!"
Eccola qui la risposta giusta! Peccato che devo fare i conti con il fatto che il mio esame me lo corregge lei, e quindi come avrete inteso dal preambolo di questo post, non è questa la risposta che le ho dato!